A cosa pensiamo quando parliamo di plastica? Si domanda perplessa Paola, una giovane disegnatrice e collaboratrice reduce da un incontro con Ettore Sottssas jr.,visto che lui ha tanto apprezzato i suoi orecchini di plastica trasparente colorata da lasciarci sfuggire che gli davano un’idea! Sicuramente, pensava,ai più disparati oggetti di design, più o meno utili, più o meno eleganti, sovente innovativi nel rapporto organico loro tra forma e funzione, a tal punto da sbaragliare vetuste concezioni, da provocare nuove categorie estetiche.
Assai di rado, però,qualcuno risponderà: Burri e i suoi quadri in pvc, o Sol Lewit con le sue sculture “magmatiche” o Gilardi, con le sue aiuole fiorite in plastica colorata. O no! La plastica, fin dagli inizi del suo utilizzo, ha scatenato l’interesse degli artisti otre che quello più ovvio dei progettisti e, quasi sincronicamente, un certo scetticismo da parte del pubblico dei cosiddetti fruitori, sia che si parli di oggettistica per la cucina che di opere d’arte. Solo negli ultimi decenni – gli anni novanta in particolar modo- si è compreso realmente, quale sia l’alto potenziale d’utilizzo di questo materiale, frattanto divenuto persino economico. In qualche caso, modificandosi totalmente nella sua duttilità e resistenza o inalterabilità relativa (anche su questo fronte si sono compiuti passi da gigante), e la possibilità di essere riciclato, una possibilità del resto disponibile fin dagli anni ’60.
Anche per quest’ultima caratteristica sua, esso viene utilizzato su vasta scala dagli artisti dell’avanguardia. Meglio ancora: dai membri dei più vari sodalizi, delle reiterate avanguardie che si succedono fino a comprendere il coacervo di eventi che accompagnano la crisi del modernismo. Implicando così l’ultimo atto di tale fenomenologia, quanto meno sotto il profilo nominale: la Transavanguardia……….Sarebbe certo un errore voler ricondurre un’opera d’arte esclusivamente alla natura fisica del mezzo che ne ha permesso la realizzazione, ma non c’è dubbio che, molto spesso, è proprio l’elemento materiale a costituire lo spunto per il verificarsi di una determinata operazione artistica. Il fatto che le cosi dette “materie plastiche” dalla più arcaica celluloide, alle più recenti e più sofisticate resine sintetiche: cellulosiche, metacrilati, poliesteri,poliuretani,……abbiano avuto un’importante funzione nella strutturazione d’una serie un’opera d’arte, è ormai un dato di fatto ben noto di cui ogni storia dell’arte futura dovrà tener conto; tanto più quando ci si rifaccia alle prime sperimentali creazioni dovute già ad alcuni maestri delle avanguardie storiche come Gabo, Pevsner, Vantogerloo, Moholy-Nagy,ecc…ed altri artisti più recenti ma altrettanto noti come Max Bill, Regina, Mari,Soto,Sommer…C’è tuttavia, una netta distinzione che va precisata immediatamente da chi voglia analizzare, sia pur per sommi capi, questo aspetto dell’arte contemporanea: ossia la distinzione tra quegli artisti che hanno impiegato le materie plastiche come semplici “supporti” per interventi pittorici (al paro di una tela o di una tavoletta di legno) e quelli per contro,-e sono i più significativi-che, solo mediante questi nuovi materiali, hanno potuto realizzare quelle particolari strutture che non sarebbero state immaginabili attraverso l’uso di altri mezzi espressivi.
Una delle esperienze più istruttive in questo settore deve essere considerata senz’altro la nutrita produzione di “oggetti artistici” basati su materie plastiche, ebbe luogo negli anni 69/73, ad opera del centro ricerche estetiche “Polimero Arte”, sorto a Castiglione Olona presso la ditta Mazzucchelli Celluloide, promosso da Lodovico Castiglioni, e di cui viene offerta una definitiva sistemazione e una rigorosa catalogazione ad opera dello stesso Castiglioni. La possibilità di realizzare delle opere con i nuovi materiali nel laboratorio messo a loro disposizione dalla Mazzucchelli Celluloide, ha permesso a un folto gruppo di artisti -di varia provenienza e di disparate tendenze- di esprimere le loro idee e di realizzare le proprie creazioni valendosi di questi materiali sintetici individuandone spesso le nascoste proprietà formative.
E’ infatti interessante notare come-pur utilizzando spesso identici o analoghi materiali -ogni artista abbia saputo evidenziare le sue caratteristiche personali giungendo spesso- se non sempre- a creare oggetti decisamente inediti, rispetto a quello che era il panorama artistico del momento. Senza voler entrare qui in merito alle opere realizzate, e senza neppure voler tentare un esame critico delle stesse, piace ricordare come sia evidente la diversità d’uso che, di tali materiali, hanno fatto alcuni artisti (Baj, Accardi ad es,) che si sono serviti degli stessi alla stregua di un qualsivoglia fattore cromatico, ossia secondo delle valenze decisamente pittoriche che sfruttassero il cromatismo e la trasparenza del medium più che la sua qualità formativa – così come Edival Ramosa, Stefanoni, Sugai e Anna Marchi-; e invece alcuni scultori già indirizzati verso un genere di attività artistica di stampo costruttivo -Gandini, Balice, Santi Sircan, Giulia Napoleone, Delima Medeiros, Demetrescu….-che hanno trovato nella plastica l’equivalente del vetro o del marmo; e altri ancora che -dalla natura solida ma trasparente e colorata del medium- sono stati condotti a ideare opere difficilmente ipotizzabili con altri materiali; come nel caso della Cosmostruttura di Gianni Colombo (del tutto in sintonia con le sue ricerche cinetiche-dinamiche), come nello spinoso Guardone di Valentina Berardinone, come nella Boule sans neige di Man Ray, e nell’orizzonte vagamente colorato di Demetrescu.
Anche se l’utilizzazione delle materie plastiche ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo in altri campi (come quello dell’arredamento, dell’oggetto di uso domestico, e in genere dei prodotti di uso industriale destinata alla grande serie), non c’è dubbio che la rivisitazione di queste sperimentazioni estetiche, promosse a suo tempo dal Polimero Arte, e oggi esposte nel Museo di Arte Plastica -Map- a Castiglione Olona (Va) rappresentano un notevole interesse e permette di prevedere che ancora molti materiali plastici potranno valere, anche in futuro, da stimolo per ulteriori e forse affascinanti progettazioni artistiche.