di Erica Tamborini
“Abbiamo indovinato in maniera comica e preceduto la finanza il che mi dà un enorme piacere – risata – piccolo eh! Non sto parlando da imprenditore, sto parlando da artista, cioè credo che il lavoro artistico preceda la politica, la finanza, e tutto quanto. Credo che la cosa premiante di un lavoro artistico sia lo sguardo”.
Questo è quanto aveva dichiarato Aldo Spoldi in una video-intervista rilasciata qualche anno fa in occasione della mostra a cura di Loredana Parmesani dedicata alla sua “Banca di Oklahoma” presso il Museo Civico di Crema.
Queste parole, tanto semplici quanto lapidarie e dense di significato artistico, rendono precisamente tutto il senso artistico della sua arte.
Riascolto questa intervista oggi, dopo aver visto la sua ultima mostra “La guerra dei Mondi” a cura di Alberto Fiz, appena inaugurata alla Fondazione Stelline di Milano, mi dispiace sia tanto breve, poiché è una dichiarazione che vivo come una folgorazione. Mi colpisce innanzi tutto la risata dell’Aldo che accompagna ogni sua esternazione. Anche all’opening di quest’ultima mostra ha ringraziato il pubblico con la sua risata che rende il carisma dell’uomo e lo traghetta nel suo mondo virtuale, alla stessa stregua dei suoi personaggi d’invenzione. “Aldo Spoldi è un genio!” Penso io, scultrice affamata di impulsi creativi e che s’innamora ogni volta che intravede una qualche sorgente da cui sgorga l’istinto artistico. Aldo, in effetti, con la sua risata riesce a essere performativo. La sua risata è, per me, un gesto artistico, è ciò che lega la sua realtà umana alla sua realtà artistica. La risata di Aldo è sarcastica, permette di sdrammatizzare quanto appena asserito come a lasciar intendere che ogni verità, o meglio alla fine di ogni verità occorre aggiungere che in essa è contenuta anche la verità opposta.
“La guerra dei mondi”, come altre sue ultime proposte espositive, presenta le sue opere in un’unica installazione che disattende ogni cronologia per dare spazio alla visione, all’immaginazione e proporsi piuttosto come un ensemble visivo che sovvertendo la linea del tempo sceglie di confrontarsi con l’attualità.