Quelle cose rimaste in sospeso nella “costituzione piu’ bella del mondo”.
A proposito di costituzione “più bella del mondo” come sono solito sciorinare coloro che magari non l’hanno neppure letta, alcune considerazioni. Partiamo dal CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e Lavoro) organismo più ornamentale che necessario di cui da tempo tutti vorrebbero disfarsene, se non fosse che per sopprimerlo si richiede una modifica costituzionale, a cui sono dedicate quasi trenta righe, mentre al GOVERNO di righe ne vengono riservate quattro.
Potremmo aggiungere, visto che in questi momenti si parla di “PRESIDENZIALISMO” che il capo del Governo non è scelto dal popolo e nemmeno dal parlamento. E’ “nominato” dal Presidente della Repubblica e votato separatamente da Camera e Senato secondo un rituale mutuato più dalle monarchie che dalle repubbliche. Lo stesso premier, non presidente, non capo del governo , ma mero “coordinatore” dell’attività dei ministri tanto che non può sostituire i suoi ministri-colleghi, ne ritirare le loro deleghe.
L’Italia dei padri costituenti diede vita a un sistema parlamentare che per quasi cinquant’anni fu rinnovato su base puramente proporzionale. Di fatto un sistema che senza correttivi non poteva non ridursi in un assemblearismo, oltretutto sdoppiato in due entità facenti l’identico lavoro ma diverse per basi elettorali e risultati in seggi e quindi con maggioranze diverse tra Camera e Senato.
La rinuncia poi a definire i rapporti di potere entro la nostra democrazia rappresentativa fu aggravata dall’aver lasciato ai partiti anche il compito di definire i propri statuti secondo principi democratici; così come un analogo rinvio a leggi future fu deciso per le regole , i diritti e doveri dei sindacati. Queste scelte produssero la situazione cui è stato dato il nome di “partitocrazia” e “pansindacalismo”. Molto semplicemente si determinò un regime in cui il potere democratico non è proprio delle istituzioni pubbliche, con il loro obbligo di imparzialità, ma appartiene alle sue parti o ai partiti, singolarmente o coalizzati. La principale conseguenza fu che l’assetto dei poteri politici della Repubblica, anzichè poggiare su solide fondamenta, resta sospeso in un limbo con rischi ricorrenti di paralisi, di abusi, di conflitti tra i poteri dello stato.
Anche la cronica conflittualità tra politica e magistratura origina dalle scelte dei costituenti di non definire -per mancanza di accordo- l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati del pubblico ministero, rinviando al regolamentazione della materia a future leggi ordinarie. Come si sa dai lavori preparatori, almeno una parte dei padri costituenti voleva l’autonomia differenziata rispetto a quella assoluta dei giudici, ma nessun governo, nessun parlamento ha mai pensato di attuare questa disposizione della Costituzione. Di più ogni governo che ha tentato di introdurre riforme dell’ordinamento giudiziario si è scontrato con reazioni della magistratura associata e del CSM così virulente da proclamare “scioperi della giustizia” e pronunciamenti sovversivi..