L’attivita’di Masolino da Panicale in Lombardia risulta sconosciuta al Vasari, il quale credeva che il maestro di Panicale fosse morto a Firenze dopo essere tornato da Roma. Non solo anche il Lomazzo, autore alla fine del cinquecento del “Trattato dell’arte e della pittura”, ove parla dell’attività dei vari artisti poco noti al Vasari, ignorava la presenza di Masolino a castiglione olona. Per la verità non sono molti i documenti giunti a noi e relativi alla pittura di Masolino nel borgo nativo del Cardinale Branda Castiglioni. Uno di questi e’ la visita pastorale del gesuita Leonetto Clinovo, che fu a Castiglione il 2 novembre 1566. Clivono testimonia che la chiesa di s. Giovanni battista, l’attuale Battistero, ricordata già in una lettera da Papa Eugenio IV del 1347 come una” chiesatta dedica a S. Giovanni Battista”, era tutta dipinta anticamente e bene , ma non menziona il nome dell’autore la cui opera firmata doveva essere ancora visibile in uno degli spicchi della volta del coro della collegiata, poco distante dalla “chiesetta”; il coro venne scialbato dopo il 1747, poiche’ in quell’anno il Cardinale Pozzobonelli visitò la Collegiata e vide il coro decorato in ogni sua parte con affreschi di soggetto sacro.
In effetti l’interesse dei critici d’arte iniziò ad appuntarsi sulla pittura di Masolino in Lombardia soltanto dopo la riscoperta di quest’opera firmata che rimase nascosta sotto la scialbatura fino al 1843, anno in cui malvezzi la recuperò staccando l’intonaco sovrapposto. A molti studiosi tuttavia tale riscoperta non dava uno stimolo particolare alla ricerca storico-artistica sul pittore, che si continuava a considerare un artista minore del quattrocento e che non aveva saputo inserirsi nelle nuove correnti del rinascimento rinchiudendosi nell’ambito delle esperienze tardogotiche trecentesche. Gli affreschi della collegiata, con le figure allungate e la particolare gamma cromatica, anzichè uno spunto per l’approfondimento della pittura masoliniana divennero così un semplice termine di verifica della definizione e dello stile dell’artista in chiave tardogotica.
Dalla fine dell’ottocento ai primi decenni del novecento, in coincidenza con l’esaltazione critica dell’arte di Masaccio, di cui si sottolineava l’espressione assoluta della dignità umana e la novita’ del modello scultoreo nelle figure, la personalità di Masolino venne relegata in secondo piano; si parlava spesse delle carenze della personalità di Masolino nei confronti di Masaccio, della sua incapacità di interpretare con mezzi pittorici l’essenza dell’uomo, della sua consapevolezza del valore estetico della prospettiva in rapporto alla alla composizione, dell’ineguatezza della sua scienza prospettica ai fini della rappresentazione architettonica.al contrario, se volgiamo l’attenzione alle testimonianze su Masolino nel xv e xvi sec., notiamo un fatto assai curioso; il credito di cui godeva Masolino come pittore risulta assai maggiore di quanto non lo sia presso gli studiosi del nostro secolo. La prima notizia documentaria relativa al maestro da Panicale appare nel “trattato d’architettura” del filarete composto prima del 1464,quando l’autore serviva il duca Francesco Sforza. Nel trattato, scritto in forma di dialogo, con l’architetto toscano e il duca Francesco come interlocutori, il filarete esponendo il progetto di sforzinda, consigli il duca di attendere per la decorazione pittorica, se la desidera bella, perche’ “ maestri buoni…n’e’ morti una sorte che erano a Firenze e che sarebbero venuti i quali erano buoni maestri tutti cioè uno chiamato Masaccio, un altro chiamato Masolino….” Anche il Vasari, che prese in considerazione solo una parte delle opere di Masolino ne apprezza va la novità estetica e tecnica, sottolineando la morbidezza del colore e l’espressione delle figure che Masolino aveva introdotto e realizzato per la prima volta: novità queste sconosciute alla pittura fiorentina dalla fine del trecento.
Il Vasari inoltre nota anche la capacità di Masolino nel disegnare in prospettiva “ragionevolmente”. Oltre a queste notizie non dobbiamo ignorare il fatto che Masolino fu chiamato in Ungheria da Pippo Scano, il condottiero di Re Sigismondo, al tempo in cui lavorava alla cappella Brancacci, nè che il Cardinale Branda Castiglioni, uomo di grande cultura e uno dei primi veri umanisti italiani, che svolse nella sua lunga e intensa vita un ruolo importante sia nel mondo religioso sia nel campo politico internazionale, due volte gli affidò la commissione della decorazione a fresco delle sue Cappelle.
Come giustamente osserva il Berti, anche la somma che sarebbe stata destinata a Masolino per la decorazione della Cappella di Figline, pari a 1.000 fiorni, è la conferma dell’alto riconoscimento di cui Masolino godette come pittore.
Un’indagine relativa alla posizione dell’artista nell’ambiente culturale, politico e sociale del tempo è indubbiamente molto utile se non indispensabile per la comprensione della sua opera. Così come appare necessario approfondire non solo il valore estetico della sua pittura, ma anche il significato di questa in quanto realizzazione integrale della personalità dell’artista, vissuto in un particolare momento storico e in un particolare ambiente culturale. Molto convincente risulta il criterio metodologico per ricostruire l’attività di Masolino in relazione agli spostamenti e ai vari impegni del suo mecenate branda castiglioni; così la decorazione a fresco della Cappella del Sacramento in San Clemente a Roma di cui il Cardinale fu titolare, non potè essere eseguita prima del 1428, perchè il Cardinale non avrebbe potuto commissionare la decorazione della cappella quando era all’estero per impegni diplomatici. Sembra quindi logico adottare il medesimo criterio per stabilire la data esatta dell’esecuzione degli affreschi a Castiglione Olona.
Se il Cardinal Branda intese trasformare ed elevare il suo borgo natio grazie all’arte di Masolino, certo desiderò seguire personalmente il lavoro dell’artista e assisterlo con i suoi consigli. Vayer, esaminando l’iconografia degli affreschi della Cappella di S. Clemente, ha messo in luce l’importanza diretta e partecipata del cardinale nell’ideare la composizione. Un analogo intervento è assai probabile anche per l’intero progetto degli affreschi di Castiglione Olona, ove si incontrano rappresentazioni nelle varie scene raffiguranti la vita del Battista che riflettono la personalità del mecenate e la sua posizione nel mondo religioso e politico.
La rappresentazione dell’Urbe sopra la porta d’entrata nel battistero fu interpretata dagli studiosi come l’intervento del cardinale di raffigurare la città eterna a cui la sua attività fu legata in qualità di titolare di S. Clemente. Se poi si riflette sul momento storico troviamo pure un significato simbolico della rappresentazione: l’Urbe presentata sopra la porta d’entrata e proprio di fronte alla figura di Cristo che solleva le mani in un gesto di benedizione palesa la la fedeltà del Cardinale nella Chiesa Cattolica istituita da Cristo e l’affermazione dell’egemonia di Roma, devastata e abbandonata durante l’assenza del Papato da essa e durante lo sconvolgente scisma d’occidente.