Dopo seicento anni, l’uomo Masolino è ancora uno sconosciuto, uno dei tanti enigmi della storia dell’arte italiana. Esaltato, contestato, sfottuto e calunniato, dichiarato maestro e svilito a ricattatore, sballottato, manipolato, plagiato. La parte peggiore di questo massacro spetta al Vasari che con grande disinvoltura lo fa nascere in ogni luogo, in ogni tempo. Là lo laurea bravo -non troppo- qua lo stima come maestro, peccato che per lui l’Ungheria non esista -forse troppo lontana- così come Castiglione Olona- forse troppo vicina- in cui Masolino lasciò la miglior parte di sè.
Se non per qualche opera a portata di mano, il Vasari, di Masolino, conosceva poco o niente. Recepire acriticamente quanto scritto dal Vasari è stato per gli storici un grave errore, ma soprattutto forviante per coloro che hanno tentato di conoscere la cronologia masoliniana. In epoca moderna, molti si sono accorti di questa scarsa attendibilità storica ed hanno puntato la loro attenzione su un Masolino, compaesano di Masaccio, quindi San Giovanni Valdarno, come luogo di nascita. Da alcuni decenni a Castiglione Olona si lavora, con impegno e a volte con successo, alla valorizzazione globale delle tante splendide opere di Masolino che qui si trovano, ma non solo, si era iniziata anche una validissima opera di ricerca storica, condotta da numerosi e valenti studiosi che ha consentito di mettere in luce i rapporti tra il pittore e il suo mecenate, Cardinale Branda Castiglioni.
Con queste note si tenterà di dimostrare come la vera patria di Masolino sia invece Panicale. Fino ad ora Masolino si è cercato quasi esclusivamente nella sua arte, vorremmo cercarlo nel suo tempo, farlo rivivere con i personaggi e con la gente della sua epoca, riviverlo tra l’effimero lusso delle corti signorili e cardinalizie, confrontarlo tra l’orrido lampeggiare delle armi mercenarie e il divampare degli incendi, accompagnarlo infine nella desiderata pace dell’Olona e all’acqua quieta del natio Trasimeno. Per fare ciò intendiamo dimostrare queste dieci tesi:
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- La Panicale di Masolino è la cittadina umbra in provincia di Perugia.
- Il Vasari con tutti coloro che acriticamente hanno attinto da lui non sono storicamente attendibili.
- Il rapporto Masolino e Masaccio fu occasionale.
- La vita e le opere di Msolino sono in gran parte legate al Cardinale Branda Castiglioni.
- Filippo Bondemonti fu un incontro ungherese.
- Se Masolino lavorò in Panicale, come pare, ciò avvenne tra il 1431 e il 1432.
- Il vero nome di Masolino è Tommasino.
- I moderni critici sono unanimi nel riconoscere in Masolino l’impostazione lombarda (ser Cristoforo fu funzionario dei Visconti?)
- Masolino è uomo di stile umbro francescano:umile, mite, solitario…
- Gli estremi della sua vita 1383-1440.
AVIGNONE. La guerra fratricida tra guelfi e ghibellini hanno prostrato il paese, fatta eccezione per alcune oasi di potere autonomo, il resto della penisola è in pieno caos, ma non solo negli Italiani si è spento definitivamente ogni spirito unitario ed ogni residua velleità indipendentista e il fondo di questo baratro è raggiunto con lo schiaffo di Anagni (1303). Le conseguenze fin troppo prevedibili di quel dramma conducono il papato ad Avignone (Bertrand de Got -Clemente V-1305-) virtualmente prigioniero di Filippo il Bello. Lo strapotere dei Francesi, militare ed economico è tale che trascorreranno settantadue anni prima che il papato possa tornare nella sede naturale di Roma. Questa carenza di potere centrale scatena le cupidigie e le ambizioni dei nobili e dei signorotti dello Stato della Chiesa, così che in pochi anni, ogni città, ogni castello, si ergono in autonome signorie. Ecco dunque gli Ordelaffi impadronirsi di Forlì, i Bentivoglio di Bologna, i Malatesta di Rimini, i Da Polenta di Ravenna, i Montefeltro di Urbino, i Da Verano di Camerino e poi e poi gli Annibaldi, i Frangipane, i Colonna, i Savelli, i Castani, gli Orsini a spartirsi Roma ed il suo vasto hinterland, così come tanti altri in tante altre città e castelli. Mezzo secolo più tardi la morsa francese sul papato si allenta, Giovanni II non ha la grinta di Filippo il Bello, così Innocenzo VI, pensando ad un possibile ritorno a Roma nomina il Cardinale Albornoz (1352) vicario generale dello Stato della Chiesa, mentre giungono da tutta Italia autorevolissime richieste in tal senso, prime tra tutte quelle del Petrarca, di Santa Caterina da Siena , di Cola di Rienzo…. Con somma energia nel frattempo, l’Albornoz inizia la riconquista dello Stato Pontificio (convegno di Fano 1357), nonostante il suo compito sia reso difficile dalla resistenza dei nobili, dal pullulare delle tristemente famose “Compagnie di Ventura” contro le quali, il nuovo Papa avignonese Urbano V ha scagliato i fulmini “dell’interdetto” (1366). L’anno dopo però muore Albornoz, energico e capace servitore di santa romana chiesa, lasciando incompiuta la sua missione. Ciò nonostante i tempi sono ormai maturi per il rientro del Papa che avviene nel 1377 con Gregorio IX. L’anno successivo viene eletto al soglio pontificio Urbano VI -Bartolomeo Frignano- Arcivescovo di Bari e primo Papa italiano dopo settantacinque anni. Ciò nonostante la presenza del pontefice a Roma non è sufficiente a ristabilire l’ordine nello stato ne tanto meno nella cristianità. Nel 1378 Roberto da Ginevra, con l’appoggio del re di Francia, viene nominato Papa-antipapa- col nome di Clemente VII, dando il via allo scisma d’occidente, altre soldataglie portatrici di miserie e stragi vengono lanciate contro le già sfinite regioni dell’Italia centrale. Il 29 aprile 1379 a Marino, alle porte di Roma, si combattè una cruenta battaglia vinta da Alberico da Barbiano su una potente formazione di mercenari. Perugia fu salva per il tempestivo intervento del condottiero panicalese Giacomo Paneri -detto Boldrino- che sbaragliò le orde dei brettoni nella battaglia di San Mariano (1386). La situazione però restava tragica: paesi e castelli senza più difese sono oggetto quotidiano di saccheggi, incendi, distruzioni e razzie…..e avanti così con Biordo Michelotti, l’Acuto, fra “Moriale”, il Boldrino, Paolo Orsini, Lodovico Migliorati. fino a Braccio Fortebracci. ( A proposito di Biordo Michelotti il Faretti ci fa sapere che fu insignito dalla Signoria di Montalera di Renabanca e di Panicarola, fu Conte di Castel di Pieve e proposto per la contea di “Val di Chiana”) si cita questa annotazione per significare che il territorio di Panicale, in quel tempo, era parte della Val di Chiana. Lo scisma d’occidente iniziato come detto nel 1378 si protrasse fino all’elezione di Martino V (1417) e troviamo in questo contesto il Cardinale Branda Castiglioni. Questi quarant’anni, che coincidono con il buco storico relativo a Masolino sono per il territorio di Panicale il periodo più duro e travagliato di tutta la sua storia.
I VISCONTI. I pronunciamenti delle città e dei nobili locali, pur sempre impegnativi e sanguinosi, sono ben poca cosa difronte alle mire dei Visconti di Milano e dei Durazzo di Napoli. I Visconti diventano grandi proprio in questo periodo: da vassalli a signori, da vicari imperiali a duchi (1395), da anonimi castellani, padroni di poca terra a grande potenza italiana ed europea. Quando nasce Masolino, in un qualunque Panicale del centro Italia, Gian Galeazzo Visconti è padrone, esclusa Firenze e Venezia,di tutta l’Italia settentrionale (da Cuneo a Verona, da Padova a Bologna) e di gran parte dell’Italia centrale (da Lucca a Pisa a Siena ad Arezzo, da Perugia ad Assisi a Spoleto) La vipera milanese domina ogni campo di battaglia con i suoi capitani: Jacopo del Verme, Facino Cane, Oddo Terzo, Alberico da Barbiano, Niccolò Piccino, Boldino da Panicale, Muzio Addendo Sforza. Ne fanno le spese i Francesi del conte di Armagnac, fratello del Re di Francia (battaglia di Alessandria 1391),i Gonzaga di Mantova (1397) e lo stesso imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo (Brescia 1401). Quando ormai sembra profilarsi l’unità politica italiana, muore a solo 49 anni. Di Gian Galeazzo Visconti restano grandi cose e cose effimere: la grande ambizione di creare uno stato italiano unitario così come avevano fatto i francesi; due capolavori d’arte quali la Certosa di Pavia ed il duomo di Milano – a quel tempo la più grande chiesa della cristianità- e purtroppo anche due figli, Giovanni Maria e Filippo Maria, epigoni degeneri di tanto casato. Il territorio che a noi interessa però non ha ancora compiuto per intero il suo dramma. Prima di poter beneficiare di un contesto politico amministrativo , subirà il peso delle truppe durazzesche (Ladislao di Durazzo re di Napoli e d’Ungheria) scatenate alla diavola contro tutti e contro tutto, dal 1408 al 1418 anno della morte del Re che trovò pace in S.Domenico a Perugia. Nell’evolversi nell’integrarsi e nel succedersi di questi avvenimenti c’è “in fieri” la spiegazione di tutta la vita di Masolino, principalmente del mistero che circonda tanti anni di silenzio a cominciare dalla sua nascita fino al 1423.
– continua –