Per quanto non ne veda molto in giro, ogni ragionamento intorno ad una pandemia deve avere a corredo il massimo rispetto. Pragmatisti d’ogni risma danno di questo vincolo interpretazioni assai discutibili, mentre quel requisito, il rispetto, è immanente ad ogni parola che si spende sulla pandemia perché ogni parola riguarda la persona, l’umanità, questa volta davvero l’umanità tutta.
Ho fatto questa premessa per salvaguardarmi dal possibile sospetto di ricadere nell’arena nella quale si muovono disinvoltamente pretoriani e profittatori.
In effetti, questa guarentigia la invoco perché intendo associare alla pandemia un uso esteso di questa categoria della sofferenza: da tempo ci affligge il virus del pressappochismo, ben dissimulato, anzi travestito da principio virtuoso.
Mi riferisco, specificatamente, ad un moralismo intransigente che, per restare in Italia, ha trovato incarnazione nel qualunquismo grillino, cui rapidamente si sono associati nel decennio della sua affermazione le altre formazioni politiche.
Bisogna avere il coraggio di dire: io non ci sto! Fu perfino irriso, il presidente Scalfaro quando pronunciò questo monito resistenziale, ma aveva ragione allora ed oggi va richiamato per essere un precedente comportamentale coraggioso, morale, Politico. La sua coscienza è stata illuminata e retta. Usando le parole di un Vescovo, Monsignor Russotto, da lui riservate al cieco vedente, Scalfaro ha testimoniato la sua libertà di servitore della libertà e non si è lasciato asservire da niente e da nessuno.
Ho paura a dirlo, forse qualche amico se ne dorrà, ma veniamo da un tempo, quello della diaspora politica dei cattolici, in cui si è persa la traccia dei servitori della libertà.
La Caritas in veritate (capitolo quinto, n. 53) gigantesca enciclica largamente ignorata dal personale politico di ispirazione cristiana, ha richiamato il pensiero di San Paolo VI, che aveva notato: “il mondo soffre per mancanza di pensiero”. Una profezia! Benedetto XVI la traduceva nei seguenti termini: “serve un nuovo slancio del pensiero per comprendere meglio le implicazioni del nostro essere una famiglia; l’interazione tra i popoli del pianeta ci sollecita a questo slancio, affinché l’integrazione avvenga nel segno della solidarietà, piuttosto che della marginalizzazione”.
Mentre il cattolicesimo disperdeva la propria ispirazione, si affermava il grillismo che, con le parole di Marco Morosini, ispiratore e ghost writer del comico Beppe Grillo, “ha sterilizzato in una giovane generazione vaffanculo la capacità di una aggregazione che vada al di là della collezione di like, follower e friends. I concetti stessi di partito, sindacato, cooperativa, Ong stati denigrati e estirpati”. (Avvenire, 27 febbraio 2018, pag.3).
Ne è risultata estirpata la categoria della solidarietà che ha costituito l’impalcatura personalista della nostra Costituzione.
Io non ci sto a far passare per battaglia politica quella ricerca ossessiva di responsabilità non intestate a singole persone. Per un motivo che mi rende addirittura più intransigente di quanto, falsamente, affermino di essere populisti e grillisti d’ogni ora. Perché l’Italia non è un paese corrotto. È un paese dove ci sono molti corrotti che vanno identificati uno per uno, giudicati e, se responsabili, condannati.
Perché l’Italia è un paese dove si possono svolgere procedure di gara pubblica in tempi brevi e con risultati eccellenti. Ma quando ciò non avviene, allora si devono identificare i responsabili, uno per uno, si devono giudicare e, se responsabili, si devono condannare.
Perché l’Italia è un paese con un impianto sanitario eccellente. Ma, se i responsabili della gestione politica e i manager della sanità lo hanno minato, manomesso, deturpato, se hanno danneggiato la salute degli italiani, allora, uno per uno, hanno identificati e, se responsabili, dopo un giudizio che non sia un processo di piazza, vanno condannati.
Perché l’Italia è un paese in cui si è capaci di rispettare la legalità anche nei confronti di chi è vistosamente in condizione di illegalità e non si usa la falsificazione di una finta campagna contro la corruzione come sgabello per il conseguimento del potere.
Il virus pandemico del qualunquismo, cacciato indietro nella giovane democrazia post fascista, va oggi combattuto con risolutezza sull’esempio del cieco non più cieco che “si muove, agisce, parla con libertà, non si lascia intimidire dalle minacce, non permette che gli si metta la museruola, non baratta la libertà e la verità, non si lascia reificare né comprimere fra le righe del comune pensare mettendo a tacere la sua coscienza… per far piacere ai benpensanti o per ottenere un posto di lavoro…”.
Perché l’Italia è un paese che ha bisogno di verità.
Se in casa nostra non siamo in grado di comportarci come il cieco non più cieco, allora dobbiamo sopportare il diffondersi di un virus pandemico europeo. Quell’intransigenza di alcuni paesi del Nord Europa quanto assomiglia al grillismo nostrano. Ragionano per categorie generali e impongono, con la morte della solidarietà, che avviene sul piano internazionale così come avviene sul piano nazionale, condizioni capestro. Perché? Perché dicono, certi paesi non meritano fiducia. No, questa patente di inaffidabilità non è accettabile. Quello che accettiamo ed invochiamo è che si perseguano le responsabilità là dove, dopo un giusto processo, siano accertate. Non si condannano i popoli per le supposte colpe delle classi dirigenti. Questa è cialtroneria, non è Europa.
Siamo nel bel mezzo di una crisi del tutto nuova nel suo manifestarsi e nella sua dimensione. Ne possiamo uscire solo con la solidarietà. Se non si vuole essere dei qualunquisti, istituzioni sovranazionali e internazionali, Stati, debbono identificare con una categorizzazione del tutto innovativa, e di reciproco affidamento, una comune istituzione finanziaria, con propria fisionomia e l’identificazione delle responsabilità, che accompagni il processo di ricostruzione del valore da parte delle imprese. Una istituzione che potrà restare in piedi per il tempo necessario a ridare futuro a mezzo mondo. Una istituzione che potrà pretendere dalla società civile e dalla società economica vincoli di comportamento, tutti retti dal principio di eguaglianza, e immunizzati dal virus degli accaparramenti, delle grandi fortune, delle ingiustizie manifeste che sempre hanno contraddistinto i periodi successivi alle grandi crisi.
Questa finanza straordinaria dovrà essere associata, a mio avviso, ad una tribuna internazionale della trasparenza. E solo in fondo dovrà avere il corredo di giudici e di condanne.
Io non ci sto, non sopporto museruole e non sopporto che la lealtà verso le istituzioni, che talvolta ci impone di stare zitti e di non denunciare, si trasformi in ingiustizia verso la persona.
È morta la moglie di Mino Martinazzoli. Era molto malata e era stata ridotta in stato di disagio indegno dalla battaglia qualunquistica sui vitalizi dei parlamentari. Hanno fatto passare, i Grillini, un’intera classe politica come portatrice del virus dell’immoralità. Un’offesa alla democrazia. A tutti quelli che, a voler concedere la buona fede, si sono rallegrati, anche tra i cattolici, per i provvedimenti assunti nei confronti degli ex parlamentari, voglio indirizzare un’accusa precisa e circostanziata. Se si fosse voluta combattere una vera battaglia contro la corruzione politica si sarebbero dovute ricercare tutte le singole responsabilità. Il provvedimento sui vitalizi, peraltro assunto con violazione della legge e della Costituzione, ha consentito a tutti quelli che si sono approfittati delle maglie larghe della democrazia per arricchirsi in danno del paese di restarsene tranquillamente al riparo. L’opinione pubblica s’è scagliata, aizzata dal pretorianesimo della comunicazione, meglio, di certa pseudo comunicazione indegna di godere dei valori di libertà assicurati dalla Costituzione, contro persone per bene che hanno servito il paese intero e ne hanno accompagnato la crescita repubblicana. Forche caudine sotto le quali sono stati fatti passare autentici servitori dello Stato, mentre fior di delinquenti, corrotti e corruttori, evasori fiscali, distruttori degli equilibri urbanistici delle città e delle bellezze naturalistiche, sono stati gratificati con ponti protetti di una ritrovata cittadinanza. Uno schifo autentico che deve aver fine.
Se c’è da spazzare via un mostro, allora bisogna spazzar via il virus del qualunquismo.
“Il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società”: così la Caritas in veritate: chi si adoperi a costruire una proposta politica d’ispirazione cristiana, sarà da subito cieco non più cieco. O sarà un fariseo. Un qualunquista.
Alessandro Diotallevi