“Le idee francesi servono di modello agli altri popoli […]. Ora la luce sta riposta nel cuor d’Europa; non può a meno ch’ella non influisca sugli governi… che accadrà dell’Italia?”. Alla fine del 1789 – scrivono C-M Basséno C. Dhoyen, M. Vevelle, nel 1988 – Pietro Verri, uomo dei Lumi, misura l’impatto internazionale della Rivoluzione appena scoppiata in Francia, destinata a modificare il paesaggio politico dell’Europa intera”, ma che fa l’Italia? Una “Italia frammentata [anacronistica cioè] ma aperta, sulla scia dell’illuminismo e dei nuovi legami culturali stretti con Parigi a partire dal 1760, ai sommovimenti preparati dall’opera dei ‘Philosophes? E di cui la Francia è allora il laboratorio”.
Che l’oggi richiami in più modi questo ieri è palese, ma che fa l’Italia mentre Parigi offre – con il coinvolgimento di tutto l’arco politico in gioco – una lezione politica neo-illuminista? Occulta all’utenza massmediatica nazionale l’evento delle politiche francesi, lo fa espressamente attraverso l’oscuramento totale della Rai, cioè la Radio televisione italiana.
Il testo richiamato (datatissimo e modesto: oggi la storia si narra ben altrimenti). ha un titolo emblematico, Immagini della libertà. L’Italia in rivoluzione 1789-1799, vi si possono cogliere nei due testi complementari, lo scritto e il suo più ampio corredo illustrativo tutto d’epoca, perle d’una attualità sconcertante. Il sospetto è allora – insegna che fa guidare un navigatore del Quattrocento da uno scienziato del Seicento, chi colto in sospetto se non in certezza di bancarotta fraudolenta non molla: non si dimette pur ricoprendo un ruolo istituzionale e via dicendo con sempre più materiali per una rimontante satira politica, tuttavia in competizione con una dilagante ottusa incomprensione, una misera indifferenza – che si stia vivendo davvero una analfabetizzazione di ritorno che colpisce un po’ tutti. Basti ricordare la sordità colpevole di un trascorso recente governo che ha calpestato i diritti civili nascondendosi dietro un allarme pandemico, chi ha lavorato sottobanco in barba – altro governo recente – ai cittadini. Ora finalmente le cose son più chiare: è tornata una censura nebbiosa, densa, virulenta. Lontano dagli occhi il cittadino, ignaro, può covare il proprio pollaio lasciando a chi sa il compito di fare e di strafare.
Chi ultimamente invocava una primavera neo-illuminista forse aveva fin troppa ragione, chi come uno storico si innervosiva e denunciava questo grave malessere e la pericolosa deriva che ne discende forse aveva visto giusto.
Che cosa pensa il cittadino insubre, figlio della remota Repubblica Cisalpina e dei fasti napoleonidi del voluto oscuramento Rai verso i fatti politici della Francia e, di pari, le paradossali inadeguatezze dell’Europa unita solo da una moneta e le sue necessità?
Chi pensa che tutt’oggi le parole del Verri (Pietro, il reazionario rispetto al fratello Allessandro) son fresche-attuali come un piatto di pescato al mercurio appena fritto e subito servito in un cartoccio ai passanti si palesi, prego.
Seriamente: parliamone, urge un dibattito articolato, franco, privo di strategiche censure e molto altro ancora tra cui svettano come gramigna sempre più fitte sorprese da mercatino delle pulci, ma anche indicibili imbecillità alimento prediletto dei credenzoni (parola di Cattaneo) e dei defincienti (in senso latino). Troppi i segnali di decadenza culturale che nell’ultimo decennio stanno scorrazzando e moltiplicandosi nel Bel Paese!
Il direttore