I nodi di speculazioni avventate e di valutazioni errate vengono al pettine. Il 22 febbraio 1913. Una folla di correntisti s’accalca davanti alla Banca di Varese. Porte e sportelli restano chiusi a Palazzo di Giustizia, non lontano dalla sede dell’Istituto, il Tribunale ha deciso il fallimento e lo ha fatto su richiesta degli amministratori della Banca, incapaci di governare una richiesta di debiti e di operazioni spericolate. Il passivo di oltre un milione di lire che figura nei libri contabili costringe il presidente Tito Molina al passo fatidico. Il buco verificato dal curatore fallimentare Ernesto Cazzaniga e trasmesso al giudice Angelo Petrella è molto più profondo. 27 milioni. Sono 4.000 i clienti della Banca di Varese senza una lira e tante aziende condannate al crack perchè le linee di credito si sono interrotte. Le voci di una Banca con l’acqua alla gola circolavano da tempo, ma nessuno se ne preoccupava dato il prestigio di cui godeva l’Istituto, dato che dal 1893 – data della nascita- è sempre stato il rifermento delle attività economiche e sociali della “Varese Bene”. Il 1913 è l’anno della conquista della Libia del ritrovamento della Gioconda rubata dal luinese Peruggia, ma la crisi economica e politica – Arturo Labriola chiede le dimissioni del Governo Giolitti – spengono le esultanze per il successo militare -. Gli ordini di cattura del direttore Emilio Guscietti e di Tito Molina, travolti da accuse di bancarotta lasciano però intravedere responsabilità difficilmente imputabili alla sola crisi economica. Manovre imprudenti cui la Banca di Varese ha dato fiducia e soldi, a aziende che non meritavano, hanno dissestato i forzieri dell’istituto. Così scriveva il curatore Cazzaniga “questo fallimento insegna che i depositi fiduciari presso banche non aventi garanzie proprie sufficienti, dovrebbero essere vigilati e protetti da una speciale e severa legge, vi sono numerose famiglie gettate nella miseria, molti esercenti ai quali è mancata la disponibilità di quei denari che misero da parte nei giorni di maggior lavoro, e operai che di vedono compromessi i pochi risparmi accumulati in anni di faticoso lavoro”. …Amarezza e disperazione, violente requisitorie contro chi ha fatto figurare utili e distribuito dividenti nonostante da tempo la banca si trovasse in condizioni disastrate…curatela e creditori alla fine sottoscrivono un accordo per la ripartizione delle risorse sopravvissute al fallimento. Briciole rispetto alle ingenti perdite. Il Credito Varesino soccorre gli orfani della Banca di Varese…cambiano gli addendi non il risultato …nonostante il tempo trascorso.