PIAZZA del DUOMO:
Sulla facciata della Cattedrale, ai lati della porta maggiore, sono due tempietti, opera di Tommaso Rodari -1480- entro cui seggono le statue di due illustri cittadini, Plini, zio e nipote. Entrambe recano iscrizioni celebrative della loro gloria letteraria e politica, dovute alla penna di Benedetto Giovio. L’autorità ecclesiastica lottò a lungo, ma invano, contro l’apposizione di due statue pagane sul tempio cristiano e in un posto così distinto. La contesa fra clero e cittadinanza si protrasse per tutti i secoli XVI e XVII, con alterne vicende, poi il volere concorde dei cittadini l’ebbe vinta. e sempre sulla facciata, sulla lesena di sinistra della porta conosciuta con il nome “porta della rana” si vede scolpita in mezzo a gruppi di fiori, una rana, la scultura è del quattrocento. Racconta una leggenda che la rana è dotata di misteriosi poteri: chi la tocca con la mano sinistra sarà baciato dalla fortuna (e la lucidità della scultura indica gli innumerevoli sfregamenti cui viene sottoposta) e inoltre una profezia dice che:”quando la rana parlerà, un tesoro si troverà”, ma ormai i comaschi seno convinti che la rana non parlerà più anche perchè qualche decennio addietro, il solito vandalo le mozzò la testa e la portò via, identificato in uno studente del vicino liceo, si proclamò sempre innocente…ma la testa non fu più trovata. Il vescovo Sant’Abbondio, riuscì a convertire definitivamente i comaschi resuscitando miracolosamente il figlio di un “regolo” e la storia del miracolo è descritta nei palìì marmorei e nell’ancona lignea dell’altare.
Ancora in Duomo, ma negli archivi, si conserva un documento interessante: la donazione di due lire a Mastro Luchino da Milano perchè offrisse a tutte le maestranze un pranzo in occasione della Benedizione della stupenda rosa della facciata e quindi del compimento della medesima. Il povero Luchino non potè offrire che agoni secchi del lago, del resto due lire erano pochine anche per quei tempi e le maestranze parecchie, se il pagamento giornaliero del povero Luchino-direttore dei lavori- era di 34 lire; la fabbrica del Duomo non scialava davvero, ma nonostante ciò i lavori riuscirono bene. Nel Broletto ( come in luoghi molto frequentati di tante altre città), era la pietra detta della vergogna, su cui si facevano battere le natiche in presenza di un folto pubblico ai bancarottieri e ai debitori insolventi, vestiti della sola camicia. Gli Statuti del 1219 (abrogati solo con la discesa in Italia degli eserciti francesi rivoluzionari) prescrivevano che chi era in debito e non aveva pagato ” se concusserit seu crolaverit super lapidem Cumarum…in camixia tantum…et ter vel quater dederit de cullo super lapidem publice..”
La chiesa di S. Abbondio è uno dei capolavori dei famosi maestri comacini che inventarono letteralmente l’architettura medioevale e furono i più famosi costruttori d’Europa per secoli e secoli; le stesse muraglie così ben conservate, gli stessi tipici campanili, si trovano un pò dappertutto. La più balorda di tutte le ipotesi, inventata giusto per il gusto di inventare qualcosa di stupefacente, fu quella di sostenere che “comacini” non derivasse da Como, ma significasse “cum machinis”, ovvero gente che lavorava con l’aiuto di macchinari. Niente di più assurdo, se si pensa che i comacini erano effettivamente nativi di Como o quanto meno di questa zona, tutti senza alcuna eccezione.
ALTRE STORIE:
Nel 1943 in un periodo ben delicato della storia-molto prima dei fatti del 25 luglio- la “Provincia di Como” noto quotidiano cittadino,uscì con un articolo che destò viva ilarità o indignazione a secondo dei casi: descriveva lo svolgimento di un’adunata fascista e terminava con la frase (testuale)” La vibrante manifestazione si è conclusa al grido di “via il Re! via il Duce! “erano saltate evidentemente due “ev” al proto,ma saltò il posto anche al direttore, già sospettato di antifascismo per altri refusi e altrettanti gustosi servizi. A esempio alcuni giorni prima che comparisse la frase incriminata, era stato pubblicato uno spaventoso refuso accolto con rabbia dai gerarchi locali: il racconto della tragica fine di un fanciullo, caduto in un pozzo nero; si concludeva con la seguente frase “ Tratto già in fin di vita dal pozzo, il povero ragazzo spirava dopo pochi attimi, nonostante le premurose cure dei familiari. Altre iniziative del genere saranno prossimamente intraprese dalla locale sezione del Fascio”.
L’eroica rivolta dei comaschi contro i soldati austriaci (per l’esattezza Croati) che si svolse nel marzo 1848 merita di essere ricordata fianco a fianco con le 5 giornate di Milano o le 10 di Brescia. Sconfitti gli austro-croati su tutta la linea, resistevano da due giorni 700 soldati asserragliati nella caserma di S.Francesco, finalmente dovettero arrendersi per fame e uscirono disarmati, circondati da una folle ostile, a questo punto qualche donnetta cominciò a commuoversi: “poveretti come sono smorti da due giorni che non mangiano”. Per farla breve, i comaschi, impietositi da tante facce affamate, invitarono tutti a cena e li rifocillarono…..tutto finì come si direbbe a Napoli “a tarallucci e vino” i Croati furono rispediti a casa con la promessa di non combattere più contro gli Italiani.
Benchè non peggiore di tanti altri monumenti, il monumento a Alessandro Volta fu aspramente criticato, per l’aria malinconica del personaggio e altri vari motivi.Tra l’altro Volta si appoggia alla pila da lui stesso inventata, ma si appoggia così male, fu osservato polemicamente, da prendersi una bella scossa. La scritta semplicissima “A Volta l’Italia”, apparve divertente e piacevole quando la “A” fu cancellata od occultata…..