Secondo la tradizione raccolta e tramandata da Paolo Diacono e suffragata dai più insigni studiosi, sono genti teutoniche che nel VI secolo d.c. rinsanguarono la stirpe dei “romani del nord”. In origine si chiamavano Winnili – combattenti valorosi – e assunsero poi il nome di Longobardi in omaggio al loro dio Wotan (Odino) chiamato anche Longbardr in virtù della barba rigogliosa. I Longobardi appartenevano al gruppo ingavonico dei Germani occidentali assieme ai Frisi, gli Angli e i Sassoni, erano originari della Scandinavia, passarono in età romana sulle rive dell’Elba e successivamente nelle convulse migrazioni di popoli furono quasi sospinti verso la penisola italiana nella quale irruppero guidati da Alboino nel 568 d.c. aprendosi la via attraverso il passo Predil.
Raggiunto Forum Iulium (Cividale) si attestarono saldamente sulle alture bresciane una località Pralboino porta ancora il nome del sovrano, e in breve si impadronirono di tutta la valle padana per spingersi, superati gli Appennini fino a Chiusi. Tra i maggiori centri di cultura longobarda si annoverano Pavia capitale del regno, la città dell’editto di Rotari (643), Brescia, Monza, prediletta dalla regina Teodolinda, la più autorevole collaboratrice del Papa Gregorio Magno e Castelseprio, dove si espresse in forme artisticamente insuperate nell’età longobarda la pietà religiosa dei conquistatori.
I pezzi più pregiati della produzione artistica dei longobardi si trovano a Monza custoditi nel Tesoro del Duomo. Tra i più noti la corona ferrea, la corona votiva, il pettine, il ventaglio, l’evangelario di Teodolinda e la chioccia d’argento con sette pulcini proveniente dalla tomba della stessa. Materiale longobardo di vario genere si trova poi sparso in tutti i musei delle maggiori e minori città lombarde: lapidi, stemmi, manufatti e suppellettili della vita quotidiana. A Castelseprio sono esplorabili le rovine di una chiesa dedicata a S. Giovanni e di un’altra consacrata a Maria: In quest’ultima è stata scoperta una trentina di anni fa una serie di affreschi raffiguranti la vita della Vergine, estremamente significativi per la vita religiosa dei Longobardi.
Ci siamo permessi questi brevi cenni per introdurre alcune dicerie, storie e tradizioni dei nostri territori, partendo dalla provincia di Varese.
Angera
La città di Anglo troiano (Angleria in latino) dovrebbe il nome e l’origine al troiano Anglo, nipote di Enea.
La Grotta di Mitra:
Nella rupe calcarea a strapiombo sotto la Rocca di Angera si apre una grotta naturale (detta la tana del lupo) volta verso oriente, nella quale alcuni decenni fa furino scoperti ossa d’uomo e di animali, coltelli e numerosi oggetti rituali; testimonianze, a quanto si ritiene, di un culto qui celebrato al dio Mitra: Nella grotta si ritrovarono anche mucchi di gusci di chioccioline lacustri; le consumarono, si pensa, i marinai e gli schiavi al servizio di Roma e della flottiglia romana che incrociava sul lago Maggiore con il compito di sorvegliare i confini.
Eremiti Muratori:
La chiesetta che sorge sul monte di San Quirico (sponda lombarda del lago Maggiore) fu eretta da S. Quirico stesso con la collaborazione di S. Salvatore, altro eremita muratore, gettandogli una cazzuola dalla collina sul lato opposto del lago, dove dimorava.
La Rocca Borromea:
Nella rocca fu imprigionato e torturato Tobaldo Visconti, nemico dei Torriani (poi decapitato a Gallarate nel 1276) e fu avvelenato l’Arcivescovo di Milano, Francesco da Parma. In una saletta si possono vedere il letto di S. Carlo Borromeo, un altare sul quale il Santo officiava, e un grande armadio che nasconde una scala segreta che portava ai piani inferiori. Nella cucina, lo spiedo del camino era azionato da un’enorme ruota di legno a larga fascia e per muoverla si usava un cane e un boccone di carne: quest’ultimo veniva sospeso in alto e il povero cane per raggiungerlo zampettava alacremente all’interno della ruota, la ruota girava e con la ruota girava lo spiedo.
Le Paludi Infiammabili:
Alessandro Volta, il 3 novembre 1776, scoprì nelle paludi presso Angera il fenomeno dell’aria infiammabile. Il fatto è ricordato da una lapide posta sulla facciata del Palazzo comunale.
Besnate
i palafitticoli della pagozza:
Scavi compiuti tra il 1872 e nel 1954 hanno portato alla luce i resti dell’importante stazione palafitticola della Lagozza che ha poi dato il nome a una cultura preistorica. L’abitato sorgeva al centro di un piccolo bacino lacustre oggi completamente asciutto. A qualche centinaio di metri, era abitato anche un altro piccolo bacino, detto della Lagozzetta.
Besozzo
le donne dei Burgundi:
Si narra che i Goti, dopo aver saccheggiato Milano, donarono 8.000 donne milanesi ai Burgundi loro alleati. Addolciti e convinti dalle preghiere delle compagne, questi si fermarono su una bella collina e vi fondarono un centro abitato che dal nome del loro condottiero chiamarono Bessuntium. Nome che con l’andar del tempo si trasformò in Besozzo.
Salve, sto effettuando delle ricerche su Besozzo e mi sono imbattuta in questo articolo.
Esiste un’ulteriore fonte che rimandi al nome di questo ipotetico condottiero e quindi alla nascita del toponimo Besozzo? grazie in anticipo se me la saprete indicare.
Buona serata!