Ripercorrere il recente viaggio di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, è una emblematica ricapitolazione della Storia dell’Africa. Un percorso di intellettualizzazione delle vicende del continente che viene a trovare una sua propria consistenza se solo poniamo mente al senso della missione pontificale: un atto di confessione cui Papa Francesco umilmente si é concesso a nome di un Occidente opulente, culturalmente avanzato, ma pur sprezzante dell’altrui povertà e debolezza!
Una “lectio magistralis” potremmo cogliere nelle sue dichiarazioni che, sebbene rilasciate nel corso dei vari incontri ufficiali, si pongono ben al di là delle mere ritualità protocollari. Si rinviene nelle sue parole, infatti, tra l’altro sempre opportunamente dosate e equilibrate, l’insegnamento di cui il Papa si è voluto fare interprete per offrirci un’occasione di riflessione. Ma non solo. Anche di accusa, potremmo dire, per le tristi realtà di un continente attraversato da profonde crisi di stabilità e identità.
Dichiarazioni le sue non solo intese a portare una luce di speranza in una terra quanto mai buia e martoriata oggi da una diffusa conflittualità clanica e da guerre civili, ma anche, e sopratutto, volte a denunciare con una inusitata chiarezza che solo l’ipocrisia di alcuni potrebbe offuscare, i tanti drammi e misfatti di cui i popoli dell’Africa sono stati in passato, e tuttora lo sono, vittime incolpevoli.
E’ innegabile del resto osservare come i toni con i quali il Pontefice ha inteso rivolgersi alle platee di uditori in questo suo 40° viaggio apostolico, siano stati molto più audaci e incisivi di quelli usati in altre precedenti simili occasioni. I Paesi toccati dal suo viaggio, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan, sono del resto rappresentativi delle gravissime condizioni in cui oggi versa l’intero continente africano.
Tre sole parole basterebbero a condensare il senso del messaggio apostolico di questo viaggio: consolazione, denuncia e speranza! Tre parole semplici, ma gravide di profondo significato. Parole che, indirizzate ai popoli dell’Africa, risultano indicative di altrettante imprescindibili e peculiari esigenze: la consolazione quale riconoscimento dei mali patiti da chi è stato nel corso della Storia privato dei più elementari diritti umani, una denuncia quale atto di accusa nei confronti di chi ha perpetrato colpevolmente inenarrabili crimini a danno dei più deboli e, infine, la speranza quale professione di fede in un dovuto atto di riparazione da garantire a chi è stato vittima di sopraffazione. Tre semplice parole, ma sottese a tre obiettivi di cui il Pontefice ha voluto farsi portavoce nella consapevolezza dell’universalità del suo messaggio per tutti i popoli del continente.
Una lezione a tutto campo, quindi, quella di Papa Francesco che, muovendo da temi particolarmente delicati, come quello dei rischi derivanti dalla “mondanità” della Chiesa, la corruzione, la droga e la stregoneria, ha voluto porre accento sulla fondamentale esigenza di riconciliazione dei popoli in una visione unificante di solidarietà, di misericordia e di perdono.
Di particolare effetto in questo contesto riteniamo siano la ferma condanna del commercio delle armi ( definito come la “vera peste di questo tempo” ), sintomo di un profondo malessere riconducibile agli interessi legati allo sfruttamento delle ricchezze del continente, ma sopratutto l’ammonimento lanciato come grido vibrante, a porre fine alla perdurante depredazione delle immense risorse di cui proprio i Paesi africani sono tuttora vittime.
Un messaggio forte e chiaro, dunque, quello del Pontefice. Un atto d’accusa portato nei confronti dei Paesi occidentali in quanto ancora impegnati, con modalità troppo spesso mascherate da falsi intenti di solidarietà, a trarre lauti benefici economici da uno sfruttamento indiscriminato delle risorse locali. Un aspetto, quest’ultimo, imprescindibile della Storia del continente e ben sussunto peraltro nell’espressione usata dal Papa: “Giù le mani dall’Africa!” ha esclamato. Un ammonimento di grande effetto, ma dal sapore di anatema indirizzato agli Stati ex potenze coloniali, ma anche ai pionieri del nuovo colonialismo, spesso molto più subdoli e più sottilmente pericolosi dei loro predecessori, per invitarli a cessare ogni forma di sfruttamento e a riconoscere ai popoli dell’Africa il sacrosanto diritto di decidere dei propri destini in piena libertà e auto-consapevolezza.
Che l’Africa possa essere in un prossimo futuro la nuova area di rilievo geopolitico a livello globale non è peraltro una previsione priva di fondamento. Il suo avvento é già percebile! L’avidità crescente con cui l’Occidente guarda al continente per via delle enormi ricchezze del suo sottosuolo, gli interessi strategici che certe superpotenze vi proiettano in una dimensione ormai multipolare delle dinamiche internazionali e l’esigenza, avvertita dagli stessi Paesi africani, di recuperare una propria autonoma identità nel dialogo tra le Nazioni, sono tutti segni prodromici dell’avvento di un’”era africana” alle porte della Storia del nostro Pianeta. Una strada, tuttavia, ben irta di difficoltà e tutta in salita per le genti d’Africa in quanto ancora legate alle ex potenze coloniali dal filo della dipendenza finanziaria, come è il caso della Francia con l’imposizione del franco CFA, o per via della subdola offerta di consulenti ministeriali inviati dai Paesi più ricchi sotto il segno spesso ingannevole della cooperazione.
In una situazione come l’attuale, in cui ancora prevalgono deprecabili disvalori, come l’atteggiamento predatorio delle multinazionali nell’accaparramento delle risorse idriche e della terra fertile ( “land and water grabbing” ), la politica del profitto, da conseguirsi attraverso laidi mercimoni commerciali, la corruzione e la promozione di una diffusa conflittualità tribale favorita dalla vendita delle armi, è facile immaginare quanto arduo possa essere un recupero di giustizia storica per l’Africa. Ed é probabilmente la consapevolezza di questo difficile percorso che, crediamo, abbia guidato il Pontefice fino ad elevare il tono del suo monito intimando a quanti ancora intenzionati all’inganno, a tenere “giù le mani dall’Africa!”
Bruno Scapini
già Ambasciatore d’Italia
Leggi il numero di luglio 2023