Il MAP nasce dall’incontro fortunato di due coincidenze: la geniale intuizione di Lodovico Castiglioni, ultimo raro rappresentante del Casato dei Castiglioni, che tanta storia della nostra città ha messo in gioco in oltre mille anni, e il robusto senso della fabbrica e della comunità di Giorgio Orsi, capitano d’azienda che il destino ha messo sulla via della famiglia Mazzucchelli e che le proprie indiscusse capacità imprenditoriali hanno consolidato quale ultimo imprenditore di Castiglione.
Il primo aveva un’idea fissa: si doveva fare qualcosa per sganciare la plastica, o meglio le materie plastiche, da quell’anonimo destino di poveri materiali succedanei a poco prezzo con cui realizzare quei prodotti di largo e generale consumo che nell’arco di una quindicina d’anni avrebbero rivoluzionato la nostra vita di ogni giorno. Eravamo nel pieno del bum economico e i caroselli ginglavano ossessivi che -sia fatta di moplen-.
“La plastica godeva una pessima stampa: era il bicchierino da buttare, era l’impermeabile che le turiste americane tenevano nella borsetta, era il giocattolino nell’uovo a sorpresa di cattivo cioccolato, ripeteva spesso.”
Da lì nacque l’idea del Polimero, il cenacolo di artisti radunati a Castiglione per provare, attraverso l’inconsueto uso di quei materiali, gemmati dalla produzione industriale della grande fabbrica, ad usare la plastica come materia primigenia, e non certo come sostituto di qualcosa di più colto, raffinato e gustoso.
Il Polimero nacque come centro di ricerche estetiche della Mazzucchelli Celluloide e prima di istallarsi definitivamente a Monteuzzo sostò qualche mese in un vecchio capannone dell’ex scuola professionale della ditta.
Avevo conosciuto Lodovico Castiglioni in quei tempi, e quei inusuali lavori che venivano fatti a Monteruzzo e non mi coinvolgevano più di tanto: Forse eccessivi nell’avanguardia, magari troppo raffinati. E poi, onestamente, l’arte, le tendenze, la ricerca estetica, fino a che punto possono prendere un ragazzotto di paese qual ero io allora?
Quando la fiaba del Polimero si spense ritrovai alcune delle opere nate nel laboratorio di Monteruzzo a Palazzo Branda Castiglioni. Col sindaco d’allora Antonio Simonetto, seguivo le trattative per acquisire al patrimonio comunale la porzione storica della dimora dei Castiglioni che la famiglia aveva deciso di porre in vendita, e mi imbattei nell’affascinante collezione d’arte contemporanea messa insieme in oltre 50 anni da Lodovico Castiglioni: lì facevano bella mostra di sé alcune opere realizzate al Polimero. In quelle lunghe chiacchierate Lodovico Castiglioni fece qualche sforzo, presto abbandonato, per introdurmi ai misteri delle nuove sensibilità artistiche: mai allievo fu più scostante e poco interessato alla conversazione. E oggi mi rendo conto dell’irripetibile occasione che mi sono lasciato scappar via tra le dita.
Di Giorgio Orsi non si può non parlare se non di quel grande e forte senso di legame con la terra, la fabbrica e la comunità in cui opera la sua azienda. Di lui scrive Gianni Spartà “il suo ritratto non è difficile è impossibile. Esula dallo stile del personaggio che odia mostrarsi. Ripete sempre: niente aggettivi: Un’altra esortazione: sobrietà, toni bassi. Fisico imponente, cuore tenero, pochi amici fidati, eloquio che induce al dialetto dei luoghi d’origine dei suoi nonni, la Val Strona sulla sponda piemontese del Lago Maggiore.” Ecco che cosa dice quando gli chiedono di parlare di sé: “Ho ricevuto una particolare educazione che si manifesta con connotati precisi: discrezione nell’atteggiamento pubblico, cioè all’esterno, e grande attaccamento ai luoghi in cui si svolge il nostro lavoro, Varese e Castiglione Olona: Il perno forte dell’interesse personale e dell’azienda.”
La forza delle circostanze ha fatto in modo che dalla sensibilità per l’arte di Lodovico Castiglioni e dal robusto senso della fabbrica e della propria terra di Giorgio Orsi scoccasse la scintilla del MAP. Dove mai poteva essere il Museo di Arte Plastica se non a Castiglione?
G.Luini