Masolino da Panicale
(Tommasino Fini 1383-1440)
Dopo seicento anni, l’uomo Masolino è ancora uno sconosciuto, uno dei tanti enigmi della storia dell’arte italiana.
Esaltato, contestato, sfottuto e calunniato, dichiarato maestro e svilito a ricattatore, sballottato, manipolato, plagiato.
La parte maggiore di questo massacro spetta al Vasari. Con grande disinvoltura lo fa nascere e morire in ogni luogo, in ogni tempo. Là lo laurea bravo –non troppo- qua lo stima come maestro. peccato che per lui L’ L’Ungheria non esiste- forse troppo lontana- così come Castiglione Olona –forse troppo vicina- in cui Masolino lasciò la migliore parte di sé.
Se non per qualche opera a portata di mano, il Vasari, di Masolino conosceva poco o niente.
Recepire acriticamente quanto scritto dal Vasari è stato per gli storici un grave errore, ma soprattutto forviante per coloro che hanno tentato di conoscere la cronologia masoliniana.
In epoca moderna, molti si sono accorti di questa scarsa attendibilità storica ed hanno puntato la loro attenzione su un Masolino, compaesano di Masaccio, quindi – S. Giovanni Valdarno come luogo di nascita -.
Da alcuni decenni a Castiglione Olona si lavora, con impegno e successo, alla valorizzazione globale delle tante splendide opere di Masolino che qui si trovano, ma non solo, si era iniziata anche una validissima opera di ricerca storica, condotta da numerosi e valenti studiosi che ha consentito di mettere in luce i rapporti tra il pittore e il suo mecenate – Cardinal Branda Castiglioni –
Con queste note si tenterà di dimostrare come la vera patria di Masolino sia invece Panicale, fino ad ora Masolino si è cercato quasi esclusivamente nella sua arte, vorremmo cercarlo nel suo tempo, farlo rivivere con i personaggi e con la gente della sua epoca, riviverlo tra l’effimero lusso delle corti signorili e cardinalizie, confrontarlo tra l’orrido lampeggiare delle armi mercenarie e il divampare degli incendi accompagnarlo infine nella desiderata pace dell’Olona dall’acqua quieta del natio Trasimeno; per fare ciò intendiamo dimostrare queste dieci tesi.
1) La Panicale di Masolino è la cittadina umbra in provincia di Perugia
2) il Vasari con tutti coloro che acriticamente, hanno attinto da lui non sono Storicamente attendibili.
3) Il rapporto Masolino – Masaccio fu occasionale
4) La vita e l’opera di Masolino sono in gran parte legate al Cardinal Branda Castiglioni.
5) Filippo Buondelmonti fu un incontro ungherese.
6) Se Masolino lavorò in Panicale, come pare, ciò avvenne tra il 1431 e il 1432.
7) Il vero nome di Masolino è Tommasino
8) I moderni critici d’arte sono unanimi nel riconoscere in Masolino l’impostazione lombarda (ser Cristoforo fu funzionario dei Visconti?)
9) Masolino è uomo di stile umbro francescano: umile, mite, solitario….
10) Gli estremi della sua vita 1383-1440.
Avignone
Le guerre fratricide tra guelfi e ghibellini hanno prostrato il paese, fatta eccezione per alcune oasi di potere autonomo, il resto della penisola è in pieno caos, ma non solo, negli italiani si è definitivamente spento ogni spirito unitario ed ogni residua velleità indipendentista. Il fondo di questo baratro si è raggiunto con lo schiaffo di Anagni (1303). Le conseguenze, fin troppo prevedibili di quel dramma conducono il papato in Avignone (Bertrand de Got -Clemente V -1305-) virtualmente prigioniero di Filippo il Bello.
Lo strapotere dei francesi, militare ed economico è tale che trascorreranno settantadue anni prima che il papato possa tornare nella sede naturale di Roma.
Questa carenza di potere centrale scatena le cupidigie e le ambizioni dei nobili e dei signorotti dello astato della Chiesa, così che in pochi anni ogni città, ogni castello si ergono in autonome signorie.
Ecco dunque gli Ordelaffi impadronirsi di Forlì,i Bentivoglio di Bologna, i
Malatesta di Rimini, i Da Polenta di Ravenna,i Montefeltro di Urbino, i Da Varano di Camerino; gli Annibaldi, i Frangipane, i Colonna, i Savelli , i Castani,
gli Orsini spartirsi Roma ed il suo vasto hinterland, così come tanti altri in tante altre città e castelli.
Mezzo secolo più tardi la morsa francese sul papato si allenta; Giovanni II.
Non ha la grinta di Filippo il Bello cosicché Innocenzo VI, pensando ad un possibile ritorno a Roma, nomina il Cardinale Albornoz (1352) vicario generale per lo Stato della Chiesa. mentre giungono da tutta Italia autorevolissime richieste in tal senso, prime fra tutte quelle del Petrarca, Santa Caterina da Siena, Cola di Rienzo. – Per la verità nota il Gregorovius, nell’età avignonese
questa contrada fu così povera di grandi cittadini che i suoi maggiori patrioti
furono un poeta amoroso in abiti d’abate, un tribuno folle e una visionaria fanciulla del popolo-.
Con somma energia però l’Albornoz ha iniziato la riconquista dello Stato Pontificio (1357 Convegno di Fano) benché il suo compito sia reso difficile dalla resistenza dei nobili, dal pullulare delle ormai tristemente famose “Compagnie di Ventura” contro le quali ,inutilmente, il nuovo papa avignonese
Urbano V ha scagliato i fulmini “dell’interdetto” (1366).
L’Albornoz, energico e pragmatico servitore di santa romana chiesa muore,(1367) lasciando abbondantemente incompiuta la sua missione.
Ciò nonostante i tempi sono ormai maturi per il rientro del Papa che avviene nel 1377 con Gregorio IX. L’anno successivo viene eletto al soglio pontificio Urbano VI –Bartolomeo Frignano, arcivescovo di Bari- primo papa italiano dopo settantacinque anni. Ciò nonostante la presenza del pontefice a Roma non è sufficiente a ristabilire l’ordine nello stato, né tanto meno nella cristianità.
Nel 1378 Roberto da Ginevra, appoggiato dal re di Francia, viene nominato Papa –antipapa- col nome di Clemente VII, dando inizio allo scisma d’occidente; altre soldataglie portatrici di miserie e stragi vengono lanciate contro le già sfinite regioni dell’Italia centrale.
Il 29 aprile 1379 a Marino, proprio alle porte di Roma, si combattè una cruenta battaglia, vinta da Alberico da Barbiano su una potente formazione di mercenari. Perugina fu salva per il tempestivo intervento del condottiero panicalese Giacomo Paneri – detto il Boldrino – che sbaragliò definitivamente le orde brettoni nella battaglia di San Mariano (1386). La situazione però era tragica: Paesi, castelli senza più difese sono oggetto quotidiano di saccheggio, incendio, distruzione e razzia….. e si va avanti così con Biordo Michelotti, l’Acuto, fra’ Moriale, Il Boldrino, Paolo Orsini, Lodovico Migliorati
Fino a Braccio Fortebracci. – di una spedizione di quest’ultimo nel Chiugio fa un’ accurato inventario il Campano:… “Quel che fu mobilissimo fu il poter menare delle terre dei nemici 80 prigioni, 10.000 bestie minute,5.000 buoi e 1000 cavalli“.
A proposito di Biordo Michelotti il Faretti ci fa sapere che fu insignito dalla signoria di Montalera, di Renabanca e di Panicarola, fu conte di Castel di Pieve e proposto per la contea di “Val di Chiana”. Si cita questo squarcio storico perugino per significare che il territorio di Panicale, in quel tempo era parte della Val di Chiana.
Lo scisma d’occidente iniziato come detto nel 1378 si protrasse fino all’elezione di Martino V (1417). Questi quarant’anni,che coincidono con il buco storico relativo a Masolino, sono per il territorio di Panicale il periodo più duro e travagliato di tutta la sua storia.
I Visconti
I pronunciamenti delle città e dei nobili locali, pur sempre impegnativi e sanguinosi, sono ben poca cosa difronte alle mire dei Visconti di Milano e
dei Durazzo di Napoli.
I Visconti diventano grandi proprio in questo periodo : da vassalli a signori
Da vicari imperiali a duchi (1395) da anonimi castellani, padroni di poca terra a grande potenza italiana ed europea.
Quando nasce Masolino, in una qualunque Panicale del centro Italia, Gian Galeazzo Visconti è padrone, escluse Firenze e Venezia di tutta l’Italia settentrionale ( da Cuneo a Verona, da Padova a Bologna) e di gran parte dell’Italia centrale (da Lucca a Pisa a Siena ad Arezzo, da Perugina ad Assisi a Spoleto).
La vipera milanese domina ogni campo di battaglia con i suoi capitani:
Jacopo dal Verme, Facino Cane, Oddo Terzo, Alberico da Barbiano, Niccolò
Piccinino, Boldrino da Panicale, Muzio Addendo Sforza. Ne fanno le spese:
i Francesi del conte Armagnac fratello del Re di Francia (battaglia di Alessandria 1391) i Gonzaga di Mantova (1397) e lo stesso imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo (Brescia 1401). Quando ormai sembra profilarsi l’unità politica italiana muore a solo 49 anni e tutto viene rimandato
a Garibaldi.
Di Gian Galeazzo Visconti restano grandi cose e cose effimere: la grande ambizione di creare uno stato italiano unitario così come avevano fatto i francesi; due capolavori d’arte quali la Certosa di Pavia ed il duomo di Milano – a quel tempo la più grande chiesa della cristianità- e purtroppo anche due figli -Giovanni Maria e Filippo Maria – degeneri epigoni di tanto casato –
Il territorio che a noi interessa però non ha ancora compiuto per intero il suo dramma. Prima di poter beneficiare di un contesto politico amministrativo, subirà il peso delle truppe durazzesche (Ladislao di DurazzoRe di Napoli e d’Ungheria) scatenate alla diavola contro tutto e contro tutti.
Dal 1408 al 1414, anno della morte del re che trovò pace in S.Domenico a Perugia.
Nell’evolversi, nell’integrarsi e nel succedersi di questi eventi c’è “IN FIERI” La spiegazione di tutta la vita di Masolino, principalmente del mistero che circonda tanti anni di silenzio, cominciare dalla nascita fino al 1423.
Le origini
Tommasino Fini è figlio di Cristofaro ed è nato a Panicale. Tommasino e non Tommaso! Nel registro delle iscrizioni alle corporazioni dei medici e degli speziali in data 18 gennaio 1423 si legge …”Tommasinus, filius Cristophari Fini
Pictor…” il corrispondente nome latino di Tommaso è “Thomas” assolutamente diverso in suono e in grafia.
Panicale di Valdelsa, dice il Vasari che da alle stampe le sue “Vite Scelte” nel1555. ma quale? Panicale –PG- dicono Vrmiglioli, Brami, Mariotti, storici perugini e Corsetti (1626) storico panicalese. Nessuno però è in grado di esibire patenti, né precisare luogo e anno di nascita. E già questa carenza di documenti dovrebbe far riflettere.
I fiorentini, beati loro, hanno archivi probanti ed indiscutibili: parlano di Masolino più di una volta. Nel 1423 nel 1427 nel 1440: Le prime due volte In termini chiari: l’iscrizione del pittore alla corporazione dei medici e speziali,(1423) al catasto (1427),l’ultima volta in modo confuso nel registro dei morti (1440).
Panicale sul Trasimeno non è Firenze. E’ un forte castello in ottima posizione strategica, ma proprio per questo terra di frontiera e di battaglie, che ha subito l’alternarsi di svariati governi e padroni, che ha conosciuto l’onta del saccheggio ed ha visto molte volte le sue case in preda al fuoco, l’archivio comunale ha seguito questa sorte, – se ne possono vedere ancora oggi le tracce – per cui il registro dei nati parte dal 1576.
Se dunque Masolino fosse nato a Firenze o nel suo territorio risulterebbe e se ne saprebbe con precisione la data! Così non è, e anche se in negativo questa ne è una prova.
Nel 1427 ser Cristofaro Fini iscrive il figlio Tommasino al catasto di Firenze-quartiere” Santa Croce”, gonfalone “Bue” attribuendogli l’età di 43 anni.
Se questo documento è attendibile –non si vede perché non dovrebbe esserlo- Masolino è nato nel 1383 (la richiesta di iscrizione è del 1426).
Stando però al Vasari, Masolino sarebbe morto a 37 anni nel 1440. La sua
Data di nascita dovrebbe quindi essere spostata al 1403. Ma allora Masaccio
Nato nel 1401 sarebbe nato prima di Masolino? Queste contraddizioni dovrebbero farci dubitare un po’ del “Vangelo” del Vasari! L’artista e il critico d’arte sono al di sopra di ogni sospetto, per ciò che concerne le cose minute, date luoghi, piccoli fatti è sicuramente molto meno attendibile, con ciò senza voler parlare di mala fede,ma è possibile ipotizzare distrazione od equivoco: Panicale in Valdelsa non c’è mai stata, c’era e c’è Panicale in Val di Chiana, geograficamente, politicamente, economicamente in quei tempi e appartenete alla diocesi di Chiusi fino al 1601. Il Vasari non la specificò nei giusti termini, scambiando banalmente le due valli. Del resto altre sono le sviste del Vasari e più avanti ne riprenderemo.
Torniamo ora alla famiglia Fini. Tra la varie verità che si trovano sulle origini di Masolino c’è anche quella che riguarda l’attività del padre. “Imbianchino” èstato detto, forse per dare una spiegazione a quei pennelli che Masolino si ritrova per le mani? Onorato e lodato questo mestiere analizziamo a quale imbianchino ci troviamo di fronte:
• quando c’è da fare un contratto chi lo fa? Lui!
• Chi iscrive il figlio quarantenne alla corporazione? Lui
• Chi fa il contratto con Buondelmonti? Lui
• Chi fa l’iscrizione al catasto, chi fa la denuncia dei redditi, chi riscuote, chi tiene cassa, chi dirige la casa, almeno fino al 1429? Lui.
Non è forse più verosimile che questo signore sia stato, come altra tradizione vuole, “Mastro di Posta”? (più o meno funzionario od esattore), se così fosse
si potrebbero spiegare meglio quei fantomatici “arrivi e partenze” che caratterizzano la vita dei funzionari. Arrivi dignitosi in pompa magna a seguito
dei conquistatori e partenze improvvise, vere e proprie fughe quando la sorte gira contraria.
Se consideriamo ciò che sta accadendo a Perugina (la reazione contro i Michelotti e i Raspanti), non deve essere stata molto tranquilla la partenza della famiglia Fini dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti. Masolino, allora diciannovenne, strappato ai dolci sogni umbri, salutando i suoi colli e il suo lago si ripromise di tornare, fu di parola.
Negli archivi fiorentini è recente il ritrovamento di tre documenti tutti a firma di ser Cristofaro che la dicono lunga sulla capacità tecnico-amministrativa di questo personaggio.
Il primo documento è un contratto d’ affitto (dicembre 1422) che ser Cristofaro stipula per il figlio e dimostra che i Fini, a quell’epoca erano appena giunti a Firenze.
Il secondo (dicembre 1426) è lo “stato d’avanzamento” e “quietanza” del lavoro fatto da Masolino in Ungheria su commessa di Filippo Buondelmonti
(Pippo Spano-capitano di ventura-).Il saldo -350 fiorini d’oro-è fatto dai Buondelmonti di Firenze, a ser Cristofaro in vista degli obblighi catastali del 1427. Questo significa l’esistenza di un documento precedente (1425?),firmato dalle stesse parti e dalle stesse mani (il contratto triennale tra Buondelmonti e Masolino per un lavoro da effettuare in Ungheria) e dimostra con Pippo Spano stava, come da gran tempo ormai, alla corte dell’Imperatore Sigismondo e che Masolino lo raggiunse là al seguito delCardinal Branda Castiglioni.
Il terzo documento è l’atto di emancipazione di Masolino (1429) a quarantasei anni, interrompendo così il rapporto padre-figlio, forse per l’approssimarsi della morte di ser Cristofaro.
Masolino e Masaccio
Non possiamo certo definire idilliaco il rapporto tra Masolino e Masaccio.
Maturo il primo (41 anni),timido, sicuramente spaesato, mite d’animo insicuro della giustezza innovatrice dei suoi mezzi pittorici.
Baldanzoso, sanguigno spregiudicato e arrogante dispotico il secondo; forte dei suoi 23 anni e della certezza della sua strepitosa potenza espressiva.
Obbediente, figlio affettuoso e remissivo Masolino (a 43 anni è il padre che lo iscrive al catasto di Firenze quartiere “Santa Croce”) Smaliziato, ribelle, indisciplinato Masaccio.
Il loro incontro fu sicuramente del tutto occasionale e per sole ragioni di lavoro. Non ha quindi ragione d’essere “ la chiamata di Masolino a Masacciodi recarsi a Firenze” anzi, se in verità lo avesse conosciuto prima e avesse immaginato tutto il dramma umano ed artistico che sarebbe derivato da questa “collaborazione” Masolino si sarebbe rifugiato ben oltre l’Ungheria.
Ci sia permessa una piccola riflessione. Se oggi, così come nel 1383 ,nascesse in quella magica casa colonica di Renacci un altro genio e lo chi amassero Gabriele i toscani lo chiamerebbero Gabriele del Panicale?
Chiamarlo così equivarrebbe pretendere che il vocabolo di una casa colonica fosse così importante da bastare a definire una persona (esempio: Raffaello da Urbino, Antonello da Messina, Gentile da Fabrianio, Braccio da Montone Boldrino da Panicale……)
E’ certo che non fu Masolino a chiamare Masaccio a Firenze e lo si può dedurre dalle date di iscrizione alle corporazioni dei medici e degli speziali.
Masaccio infatti lo si trova iscritto già nel 1422,un anno prima cioè di Masolino.
In un articolo, molto bello, Rolando Zecchini scrive:” ….L’arrivo del Masaccio
Influenzò non poco l’arte di Masolino, per quattro anni, fino alla morte dell’impetuoso collaboratore, Masolino rinunciò al suo colore limpido, al gesto affettuoso e tenero, al racconto sacro e lieve e sfumato come favole ornate,
per far posto a figure semplificate, senza svolazzi e con colori resi foschi da ombre pesanti; tutto si fa più serio più drammatico- La pala d’altare destinata alla chiesa di S. Ambrogio in Firenze, dove nel tentativo di dare alle figure la
certezza morale e fisica masaccesca, Masolino intorpidisce la figura di S.Anna, affievolisce il ritmo degli angeli e scurisce i colori……… – Masolino ritrova se stesso solo al ritorno dall’Ungheria (1427) dipingendo la figura centrale del polittico “della neve” nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Giova ricordare che il culto della Madonna della neve era molto vivo nei panicalesi che dedicarono la chiesa della Sbarra a quel fatto, allora ritenuto miracoloso, – nevicò il 5 agosto – e non possiamo dimenticare che molto spesso Masolino dipinse il martirio di San Lorenzo, – santo molto caro ai perugini -.
Subito più che voluto, patito più che goduto il sodalizio si interrompe per forza maggiore. Masaccio a soli 27 anni muore (1428) il Vasari così commenta ….”ma, o fusse l’invidia, o fusse pure le cose buone comunemente non durano molto, è si morì nel bel fiorire, ed andossene sì di subito, che e’
non mancò chi dubitasse in lui di veleno, assai più che altro accidente…..
…… Fu sotterrato nella medesima chiesa del Carmine l’anno 1443! ..”
E più avanti….”quando egli – Masaccio – avuto nuove da Cosimo de’ Medici
(dal quale era stato molto aiutato e favorito) era stato richiamato dall’esilio
Se ne tornò a Fiorenzia; dove gli fu allogato (1427),essendo morto Masolino da Panicale che l’aveva cominciata,la Cappella Brancacci nel Carmine……”
Vien da pensare che di questi Masolino ve ne siano stati due o tre!
Di Terra in Terra
La famiglia Fini molto probabilmente soggiornò a Panicale occasionalmente, infatti per quanto si sia cercato negli annali dei centri limitrofi di questo cognome non ci sono tracce, nell’elenco telefonico della regione l’unico Fini è a Perugina. Cesarini fa notare però che nella zona c’è il cognome Gosti da cui deriverebbe l’altro cognome Gostifini esistente – accoppiata Gosti_Fini – forse una forzatura – più facile pensare a un soggiorno transitorio dovuto ad un incarico temporaneo. Si può pensare che l’insicurezza della zona, l’assegnazione del padre ad altra sede, al susseguirsi del eventi politici seguiti alla caduta del regime visconteo a Perugina, abbiano indotto la famiglia Fini a trasferirsi quando ancora Masolino era giovane (19 anni).
Per notizia tradizionale, ma oggi contestata (rinettaore ed orafo finissimo, allievo e collaboratore del Ghiberti, proprio in quel tempo fu Tommaso di Cristofaro di Braccio ,che molto allegramente Vasari scambiò per Msolino)
Lo ritroviamo in Firenze, collaboratore del Ghiberti, ottimo ricettatore delle porte del battistero e lui stesso finissimo cesellatore. La vera vocazione, coltivata da sempre ,inizia in Lombardia con Michelino da Besozzo –Va- eGiovanni da Milano, perfezionata poi in Toscana, era la pittura. Sappiamo che frequenta la bottega dello Stagnina,maestro fiorentino di riconosciuto valore.
Il Berenson fa risalire la Tavola di Monaco al 1420,il suo primo capolavoro,
la Madonna di Brema è del 1423. La collaborazione con il Masaccio inizia nel 1424.
Nell’aprile del 1425 incontra l’uomo che determinerà il suo destino: Cardinal Branda Castiglioni. Ingegno finissimo politico duttile e smaliziato legato al casato Visconteo, profondo conoscitore di uomini, di cose e di situazioni che durante la sua vita (1350-1443) ebbe modo i partecipare, spesso da mattatore agli eventi più importanti del suo tempo.
Nel 1395 Arcivescovo di Piacenza è accanto al Filargo (Pietro da Candia Arcivescovo di Novara, futuro Alessandro V) che declama l’omelia per la incoronazione del duca Gian Galeazzo Visconti. Nel 1409 è protagonista e animatore del Concilio di Pisa. Nel 1412 porta a felice compimento il matrimonio tra il novello duca – Filippo Maria Visconti e la vedova di Facino Cane, Beatrice di Tenda (lei è di 22 anni più vecchia del duca).
Unione efficace per rinsanguare le asciutte casse dello Stato e per unificare gli sparsi territori del Ducato di Milano.
Nel 1414 è al Concilio di Costanza: Concilio laborioso e sofferto, ma estremamente positivo; l’11 novembre 1417 uscirà eletto papa Oddone Colonna col nome di Martino V, di cui il Castiglioni sarà per anni il braccio destro e con cui si conclude lo scisma d’occidente.
Nel 1428, con il solito acume politico, contribuisce a rompere il blocco con cui la Lega (Venezia, Savoia , Aragona e Firenze) aveva costretto Milano dopo l’infausta battaglia di Maclodio (1427) favorendo il nuovo matrimonio tra Filippo Maria Visconti e Maria di Savoia, figlia del duca Amedeo VIII. (Beatrice di Tenda era stata fatta decapitare nel 1418 come fedifraga).
Nei giorni di Pasqua del 1425 –anno Santo- Il Branda era a Firenze, inviato dal Papa, per persuadere i governanti della città a non molestare o peggio a non impedire il transito per Roma, dei pellegrini, portatori di “valute pregiate”, molto ricercate anche allora; l’intesa tra il Cardinale e il pittore è istantanea, meglio sarebbe dire ritrovata in quanto ,come sostiene il Berenson, le prime pennellate di Masolino nella Collegiata di Castiglione Olona risalgono al 1419/20.
Qui la parola va lasciata agli esperti anche perché la ristrutturazione della Collegiata fu decretata da Martini V nel 1421, forse che allora si sia iniziato a lavorare su le altre opere che stavano venendo alla luce?
Il palazzo, Il battistero la chiesa di Villa……?
Sta di fatto che Masolino lascia Firenze per Roma e inizia la sua attività nella capitale. Il 1° settembre 1425 Masolino parte per l’Ungheria con il Branda che è stato incaricato di una delicatissima missione presso la corte imperiale:
convincere il condottiero Filippo Buondelmonti degli Scolari (Pippo Spano), generale di Sigismondo imperatore e re d’Ungheria a riprendere la guerra contro i Boemi Taboriti di Procopio, visto che il loro capo leggendario-Zizka-era morto.
Il Buondelmonti aveva grandissimo ascendente sull’imperatore, avendolo liberato dalla prigionia cui l’aveva ridotto Carlo III d’Angiò (per questo fatto era stato nominato “Ospodaro”, volgarizzato in Spano, ossia conte di Temesvar). Per la verità Martino V dubitava molto della disponibilità imperiale a lasciarsi coinvolgere in un’altra crociata, anche perché Sigismondo era stato sonoramente sconfitto tanto dai Turchi a Nicopolis – 1396 – quanto ripetutamente da ZiZka e neppure lo Spano aveva avuto maggior fortuna nelle sue imprese militari, contro i Veneziani coindatti dal Malatesta, a Motta di Livenza nel 1412 e contro gli Hussiti Boemi (Uraquisti e Taboriti).
Una mania del Bondelmonti erano le chiese, pare che ne abbia fatte costruire circa duecento; il Branda gli porta Masolino proprio come rarità pittorica, capace di fargli una chiesa più bella di tutte le altre. Ma chiesa oggi, cattedrale domani, sembra che Pippo ne abbia fatto costruire una di troppo, giocandosi la testa con Sigismando, che a un cero punto di questi sperperi ne aveva fin sopra i capelli. La missione, infatti non ebbe esito positivo, anche per la sopraggiunta morte di Pippo Spano -1426- e così il duo rientrò in Italiane l luglio del 1427.
Dal 1427 al 1431 Masolino lavora a Roma dove affresca in Santa Maria Maggiore e in S. Clemente. Ammalatosi, forse di malaria, trascorre un periodo in Umbria dove lavorò in S. Fortunato in Todi e forse a Panicale affrescando
La cappellina dei Landi (Corsetti), forse la chiesina della Querciolana e forse
Ancora L’annunciazione in S. Michele (Molto dubbia): Raniero Gigliarelli sostiene che Masolino abbia dipinto anche il S. Benedetto in S. Pietro a Perugia
Ristabilitosi in salute, sollecitato del suo mecenate-Branda- arriva a Castiglione Olona ove lavora con grande impegno e con grande maestria per affrescare la Collegiata, il Battistero e il palazzo Castiglioni.
Nel 1431 muore Martino V. Gli succede Gabriele Condulmer, veneziano, con nome di Eugenio IV, tutt’ altro che amico dei Visconti. Per il Branda, ormai vecchio, ma sempre lucido nel capire le situazioni è giunto il momento di lasciare e passare la mano con dignità, così come aveva sempre saputo fare;prende con sé l’inseparabile Masolino e lo porta a campire le cose più belle.
Chiude le sue peregrinazioni a Firenze ove muore nel 1440. Proprio a Firenze e non per caso!
Sono note a tutti le vicende del concilio di Basilea, che autoconvocatosi nel 1431 con il dichiarato proposito di annullare l’autorità accentratrice del Papa raccoglie grandi consensi sia politici che religiosi. Inutilmente Eugenio IV, fuggito da Roma ove i Colonna gli avevano reso la vita e il governo impossibili, lo invalida, lo annulla e lo riconvoca a Bologna ma gli autoconvocati di Basilea tengono duro,forti anche dell’appoggio politico sia
imperiale che regio (francese, inglese, aragonese, savoiardo e milanese), sostenendo che la decisione del Papa è arbitraria e prevaricatrice. Il Condulmer è di buona tempra: reste e contrattacca, nel 1437 forte per l’accordo raggiunto con l’Imperatore di Bisanzio Giovanni VIII Paleologo, soglie il Concilio di Basilea – pena l’interdetto – e riconvoca un Concilio Generale, questa vota a Ferrara. Anche a Basilea sono in molti a considerare la fede al di sopra di ogni opportunismo politico e, sebbene scettici sulla genuinità del pentimento bizantino, abbandonano via via Basilea e vengono a Ferrara. Ovviamente anche il vecchissimo Branda (87 anni), ma mai domo è della partita ed è sicuramente tra i primi a lasciare Ferrara per Firenze quando il Concilio
è trasferito sulle rive dell’Arno- a Ferrara è scoppiata la peste-.
Nel 1439 6 luglio, Eugenio IV riceve solenne giuramento di fedeltà: per gli
Scismatici dall’Arcivescovo di Nicea – Bessarinone – in greco e dal Cardinal Cesarini per la chiesa cattolica – in latino -.
In pubblico sarà soddisfatto l’indistruttibile novantenne Branda, ma in privato.
Il “Grande Vecchio” sta preparando un nuovo raid: tornare a Basilea per eleggere un nuovo antipapa un Savoia (felice 1440-1449, proprio quell’ Amedeo VIII, suocero di Filippo Maria Visconti.
Questa volta, forse per la prima volta in vita sua, Masolino non accompagna il
Branda, si sente stanco, si sente morire….. tant’è vero che anche la data della sua morte è molto discussa. Il vasari lo fa morire in più date, alcuni biografi
Baldinucci, Innamorati ne anticipano la fine al 1415, altri Schmarsow, Toesca
Posticipano l’evento al 1447, altri i più danno il 1440 come certa convalidata.
Conclusioni
Il lavoro intende ricollegarsi ad altri, certamente più validi
Corsetti, Mariottini, Grifoni e Cesarini, ma diversamente da quelli che hanno cercato Masolino nella sua arte, nella topografia o nella toponimia, qui lo si è cercato nel suo tempo, cercando di dimostrare:
• Quanto grama e pericolosa fosse la vita in quelle terre di scorribande e
conquiste.
• Quanto sia difficile la ricerca di documenti che non sono mai esistiti o se ci furono, bruciati nel roghi più volte applicati a questo o quel castello.
• Quanto sia stato grande il desiderio, potendolo fare di recarsi altrove, sia per sicurezza personale sia per studio o per lavoro.
• Quanto delle tradizioni e del carattere delle proprie origini ci sia in Masolino.
• Come le sue peregrinazioni non siano affatto casuali.
• Come sia stato massacrato dal Vasari e da quelli che pedissequamente hanno tratto da lui.
• Quanto siano evanescenti e non probanti le ragioni dei Valdarnesi per annoverare Masolino tra i loro conterranei e come talent scout di Masaccio.
• Come per Masolino siano stati determinanti se non esclusivi con il Cardinal Branda Castiglioni.
Cronolgia Masoliniana
1383 Nasce a Panicale – PG – in quel tempo inserita geograficamente in Valdichiana, da ser Cristofaro Fini, funzionario o esattore sotto i governi di Urbano VI, Bonifacio IX e Biordo Michelotti.
1398 Assassinio di Biordo Michelotti e passaggio di Perugina sotto il dominio diretto dei Visconti.
1402 Morte di Gian Galeazzo Visconti. Masolino, conterranno e condiscepolo di Gentile da Frabriano e dei fratelli Lorenzo e Jacopo da san Severino è costeretto a lasciare gli studi pittorici.
1404 Durante la reggenza di Caterina Visconti, Perugia riacquista la sua autonomia. La famiglia Fini lascia la patria per il Ducato di Milano.
1404-1418 Masolino perfeziona il suo stile (gotico internazionale) con Michelino da Besozzo e Antonino da Ferrara: Tra gli estimatori più entusiasti il Cardinal Branda Castiglioni.
1419 Inizia la sua collaborazione con il Branda dipinge a Castiglione Olona.
1420 Tavola di Monaco – Berenson –
1422 Firenze, nella bottega di Gherardo da Stagnina.
1423 Lavora in bottega propria. Madonna di Brema, si iscrive alla corporazione dei Medici e Speziali di Firenze. 1424 Lunetta di Empoli. Lavorando al Carmine di Firenze ,incontra Masaccio.
1425 Interrompe la sua opera alla Cappella Brancacci (ultimata poi da Masoccio) per seguire il Cardinal Branda, prima a Roma – aprile – poi in Ungheria.
142????? Rientro dall’Ungheria. Dipinge in Santa Maria Maggiore con Masaccio e in San Clemente.
1431 Periodo umbro, Panicale, Perugina, Todi.
1432-1436 Esegue i capolavori di Castiglione Olona.
1437-1439 Al seguito del Cardinal Branda per il Concilio di Basile, Ferrara, Firenze.
1440 Muore in Firenze.