Nel vedere il trionfo dell’Olimpia-Armani Milano sulla Virtus Bologna, con il suo 29 scudetto tricolore, la mente non può non andare, con nostalgia e ricordi al terzo incomodo di di questa storia: IGNIS VARESE
Un passato irripetibile nella storia della pallacanestro: dieci finali consecutive in Coppa dei Campioni, nove scudetti, cinque titoli europei, tre mondiali, due Coppe delle Coppe, quattro Coppe Italia. Come possiamo dimenticare i due grandi “slam”del 1970 e del 1973 inafferrabili per qualsiasi altra squadra. In quegli anni l’Ignis Varese distrusse i colossi di ogni latitudine, accarezzando con impressionante potenza tutti i trofei in palio, anche quando i nomi cambiarono in Mobilgirgi e Emerosn. Realtà come la notte di Sarajevo -09/4/1970- con l’Europa piccola difronte e un’Ignis tanto grande. Ecco la prima mbita Coppa Europa, pochi giorni dopo il quarto scudetto, nel vibrante duello con gli odiati amici della Simmenthal Milano.
A Sarajevo Aza Nikolic fa il suo capolavoro, Meneghin, vent’anni appena, soffoca Andreev, uno come Gulliver nel Basket, e Flaborea, con quattro strepitosi uncini demolisce la potente Armata Rossa. Belov ci prova con tutte con tutte le sue fiondate, ma l’Ignis è un diluvio di gioco e orgoglio. Ossola e Rusconi, due ragazzi che scommettevano la Coca Cola al “21” nel campetto dell’oratorio di S.Francesco, sono campioni continentali. Alaciacian, il condottiero sovietico, dopo la disfatta in una camera d’albergo affoga il dispiacere in una bottiglia di vodka per presentarsi il giorno dopo con le labbra secche e la lingua come carta vetrata, cercando di trovare la ragione per l’eclissi di Andreev, si aggrappa ai miseri alibi per giustificare le provocazioni di Mendvedev all’americano Jones, cacciato dagli arbitri, per un per un pugno degno del miglior Cassius Clay. A Varese c’è la folla per le strade quando la squadra rientra con la Coppa conquistata, una gioia che contagia anche i tifosi del calcio, in quei tempi in auge. Ha inizio l’era Meneghin-Nikolic -incontentabile e schietto fino alla scontrosità- che farà diventare l’Ignis l’invincibile armata.
Sessanta,forse settant’anni dopo i pionieri della palla cesto, quelli che nel cortile della Ginnastica Varesina, su un palo, agganciarono un cerchio: la prima scintilla di una passione che infiamma tutti in città quando l’Ignis conquista il suo primo scudetto. E’ il 1961 e alla guida del sodalizio c’è Rico Garbosi, un tecnico che sa trasformare la mentalità “provinciale”con Nesti-la mente. E Zorzi- il braccio-. Tre anni dopo un nuovo tricolore con Vittorio Tracuzzi, un allenatore forse incompreso nelle sue intuizioni tecniche troppo futuristiche, ma indubbiamente grande precursore del basket moderno. Lo scudetto porta il palazzetto, da anni invocato dai tifosi che come sardine in scatola occupavano le balconate della caserma dei pompieri di via xxv aprile, se di scena c’era la Simmenthal Milano o la Virtus Bologna. Un trionfo che ricorda le imprese di Rocambole, con lo strano canestro di Nino Cescutti.
Un paio di secondi alla fine e l’ala gialloblù, sepolta sotto una montagna di muscoli, fa rimbalzare sul gomito il pallone che s’impenna per infilarsi con una malandrina traiettoria nel canestro, mentre suona la sirena. Un sorpasso che vale il tricolore. Nel 1966 a Madrid l’Ignis è mondiale: ci sono Gavagnin e Maggetti, Vittori e Bufalini, Flaborea e Kimball, Villetti e Cescutti, Gergati e Tony Gennari. Una gioia enorme per il patron Giovanni Borghi, vero artefice di questa perfetta macchina di canestri e Edoardo Bulgheroni, sempre vicino alla squadra. Capita pure il “giallo” dello scudetto tolto a tavolino, dopo lo spareggio con Milano: Gennari risulta straniero -è il colmo-e non italiano come invece è considerato prima della bollente sfida. Ma non tarda il nuovo scudetto, questa volta è Nico Messina, ex paracadutista, a trascinare all’assalto una squadra sulla quale nessuno, alla vigilia, avrebbe scommesso un solo centesimo. Un trionfo ancor più bello perchè inatteso. Poi arrivano gli anni settanta, un decennio di strapotere. Con Tedeschi presidente, con Nikolic, Sandro Gamba e ancora Messina come generali condottieri e con Giancarlo Gualco ( dopo l’avvento pure con i lustrini di Sergio Marelli) abile invece nel tessere l’impeccabile tela del successo, non senza merletti e preziosità…come gli stranieriManuel Raga, Bob Morse (sembra uno scandalo quando in campionato lo statunitense sostituisce il messicano) Charlye Yelverton. Come Bisson e Zanatta e appunto Meneghin, Flaborea Ossola -pragonato a Von Karajan come regista- e Rusconi.
Ancora una pioggia di trionfi anche con Guido Borghi dietro la scrivania, per anni con tecnici e giornalisti impegnati in una spasmodica indagine per decifrare i segreti di una Ignis che folgora ogni avversario.
A. Simonetto