Nel castello di Lecco- di cui oggi rimane ben conservata solo la torre in piazza Garibaldi,fu prigioniero quel Guido di Monforte di cui ci parla Dante (inferno XII,118).Per vendicarsi di Riccardo d’Inghilterra che aveva condannato a morte suo padre, Guido pugnalò a Viterbo, in chiesa e proprio al momento dell’elevazione dell’ostia, il figlio di Riccardo, Enrico conte di Cornovaglia. Quando uscì di chiesa gli chiesero cosa avesse fatto: “ho vendicato mio padre!”rispose. Gli fu fatto osservare che suo padre era stato trascinato per i capelli e allora Guido tornò indietro, afferrò per i capelli la vittima rotolante e la trascinò fino in piazza. Poi, pentito, andò a gettarsi ai piedi del Papa chiedendo di essere punito. Lo accontentarono chiudendolo nel castello di Lecco; di qui scrisse al Papa implorando di essere liberato dalla pena, e fu accontentato anche in questo. Ma altre vicende sempre un pò… strane coinvolgono Lecco.
Nel 1579 -rapporto di Gregorio Figneroa, podestà di Lecco al Senato di Milano- Antonio Butirono detto Bocaletto, tradotto in carcere per ragioni che non sappiamo, fu invaso da spiriti immondi .Ridotto a non poter mangiare nè bere per sei giorni consecutivi fu sottoposto per sette ore agli scongiuri del prevosto e di due cappuccini finchè gli spiriti demoniaci consentirono a ritirarsi nel piede sinistro; ma poichè non stavano ai patti e facevano continue sortite,vi furono imprigionati con un cordone benedetto strettamente legato intorno alla caviglia del Bocaletto.
Due giorni dopo l’insopportabile dolore al piede rese necessaria la rimozione del legaccio e gli spiriti ricominciarono a impazzare. Ripreso quindi gli esorcismi, mentre tutto il popolo di Lecco pregava, digiunava, faceva penitenza: pare che la cosa fosse continuata per due mesi,nel corso dei quali in diverse riprese,l’infelice vomitò un groviglio di fili e capelli con tre mezzi quattrini falsi e bruciacchiati, un involto di carta bianca legata con un cordone di seta nera e contenente aghi,ossa di rane, capelli, un quattrinio; un altro involto legato con seta nera contenente un quattrinio romagnolo, ossa di rane, una penna, una formica un pezzo d’unghia un pezzo di salnitro; un quarto involucro contenente un chiodo da cavallo piegato in punta, un dente di ragazzo, un ago rotto in tre pezzi, un pezzo di testa di merlo,una formica,un cuore d’uccello, un ciuffetto di capelli legati con seta nera gialla e bianca.
Gli spiriti che lo torturavano se ne andarono poco per volta; all’inizio erano sette.Uno rimasto senza nome,fornì i nomi degli altri sei: Selim, Sulten, Calì, Casper, Belzebuc, Haifrem. Uscito l’ultimo, l’indemoniato confessò di aver fatto due malefici:uno con due penne nere,una di gallo e una di gallina per sedurre le ragazze.-L’altro non si sa bene perchè,gettando due rane verdi in un formicaio di montagna:le rane erano state divorate dalle formiche e ne erano rimaste solo le ossa e i nervi in croce; grida e frastuoni avevano rotto il silenzio del monte,e lui era stato trascinato in volo da una forza diabolica per vette e pendii. Mentre a Lecco succedevano queste cose, ai primi del seicento gli abitanti della sponda occidentale del lago di Como si misero le mani nei capelli quando seppero che il conte di Fuentes,-governatore spagnolo di Milano- progettava di allargare e riattare l’antica strada Regina.-oggi supplizio di tutti gli automobilisti-.
Subito inviarono suppliche accorate, e il conte dirottò i suoi progetti sulla Valsassina. Anche in Valsassina la popolazione fu costernata, pregò, supplicò,ma invano: ebbe suo malgrado una strada larga e comoda, e con la strada i Lanzichenecchi, i massacri,i saccheggi, le violenze e per finire la peste.