L’adesione della nova borghesia industriale ottocentesca agli stili di vita e di residenza dell’aristocrazia in declino ha avuto un’ampia rilevanza sulla trasformazione del territorio e del paesaggio.
La fascia prealpina che va dal Novarese all’area del Verbano, del Varesotto, del Luganese, Comasco e Lecchese è stata particolarmente interessata dal riuso del preesistente e da nuove edificazioni di ville. L’eredità del passato che ancora permane (anche se non adeguatamente difesa e valorizzata), testimonia la forza e l’incidenza di una cultura temporaneamente vincente che ha inciso sulla qualità della vita sociale e sul suo sistema organizzativo. Oggi ci si interroga sulle potenzialità di questo territorio e sul ruolo che può assumere: la valorizzazione della sua bellezza,-da secoli riconosciuta-la possibilità di rilancio della sua economia. E’ in particolare sul tema della bellezza di questi luoghi e dei lasciti della memoria edificata che si incentra l’attenzione di molti. Basterebbe citare la recente programmazione di Morandi Tour con la proposta della riscoperta del Liberty (ndr) Nella parte italiana, i nuovi dinamismi dell’epoca post-napoleonica, che si rilevano con la rottura dei precedenti equilibri, il superamento dell’economia e dell’antica preminenza aristocratica- con i suoi segni gerarchicamente organizzati dei borghi raccolti intorno alla chiesa, ai castelli riusati come dimore, alle più recenti ville signorili- portano al radicamento a all’affermazione della nuova borghesia industriale. Premiata prima dal governo austriaco e poi dalla monarchia sabauda, essa risponde i modi di vita e i modelli della civiltà terriera in un territorio che mantiene, pur con i primi insediamenti industriali, la sua unità paesaggistica di grande attrazione. Il suo progressivo affermarsi, infatti, negli ultimi decenni dell’800 apre grandi spazi e prospettive anche per l’industria turistica ed alberghiera.
Antiche dimore come Villa Recalcati, possono assumere un nuovo ruolo nell’accoglienza alberghiera, ma rapidamente la domanda residenziale, soprattutto stagionale chiede nuovi spazi, crea nuove esigenze, vuole facile accessibilità. Siamo all’epoca del consolidarsi del trasporto ferroviario, delle iniziative complementari, tram, vie di risalita dalla montagna medianti funicolari su tutta la fascia prealpina.
Ma particolarmente sorprendente, e ancor oggi oggetto di ammirazione, è la vicenda del Varesotto. Tramvie e funicolari devono consentire l’arrivo di turisti e l’utilizzo di qualificate attrezzature alberghiere, che ormai concepite come strutture del tutto innovative adeguate alle esigenze che vanno consolidandosi. A tal proposito è emblematica l’avventura di Tito Molina e dei suoi operatori. Assumendo nei primi del ‘900 la presidenza della Società Varesina di elettricità che gestisce il sistema tramviario strettamente connesso con quello ferroviario, riesce a realizzare tra il 1907 e il 1913 le grandi strutture alberghiere del Campo dei Fiori sulla montagna varesina a 1100 mt di quota e, vicino alla città il Palace Hotel in vista splendida dei laghi e delle Alpi.
Utilizza per questi interventi architetti di fama e di grandi capacità artistiche come Moretti e Sommaruga. In particolare Giuseppe Sommaruga lascia a Varese le testimonianze più elevate della sua progettazione Liberty. Negli alberghi varesini arrivano turisti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Nel 1914 tutto finisce: la prima folle guerra mondiale inizia e con questa finisce un’era sicuramente felice per il turismo e la città fino ad arrivare ai giorni nostri. I grandi alberghi non costituiscono ormai più un desiderato riferimento turistico. La dismissione dei collegamenti tramviari e di funicolari con il Campo dei fiori ne determina la chiusura. E’ penoso oggi ammirare questa formidabile architettura abbandonata che ancora resiste agli assalti del tempo. Solo il Palace vicino al centro cittadino continua prestigiosamente la sua funzione alberghiera.
Nel frattempo il territorio dei laghi, variamente offeso, si è trasformato e solo la sua estensione ci consente di apprezzare le sue qualità paesistiche e ambientali. Le sponde del Lago Maggiore sono state particolarmente prese di mira dall’attività immobiliare. Incredibili villaggi costituiti da centinaia di micro abitazioni offerte al turismo stagionale lombardo, tedesco, olandese sono sorti diffusamente. Negli stessi decenni la ricerca di alloggi a condizioni meno onerose che nei centri maggiori ha incrementato l’edificazione nei centri minori producendo non edificazione non sempre controllata e coerente. L’entrata in attività dell’aeroporto di Malpensa ha prodotto ulteriori contraccolpi sull’intera area in modo particolare sugli insediamenti di Busto e Gallarate. E’ oggi evidente e comprensibile la richiesta realizzare sistemi coerenti di mobilità che tengano conto e risolvano i problemi e le opportunità che ancora permangono.
Il Canton Ticino chiede un collegamento su rotaia con l’aeroporto- siamo alle battute finali, si spera -L’area varesina chiede di liberarsi dada un oggettivo isolamento storico rispetto ai grandi collegamenti internazionali: le grandi ambizioni e i relativi progetti erano infatti definitivamente tramontati nel 1914.
Se le esigenze infrastrutturali sono abbastanza chiaramente individuate, e se le speranze di sviluppo economico si fondano sull’indotto aeroportuale e sul rilancio turistico e congressuale a condizione di promuovere la qualità del territorio e della sua storia, rimane il problema organizzativo civile di questa conurbazione varesina. La grande bellezza paesistica e ambientale, i lasciti della storia che oggi si ricomincia ad apprezzare e riconsiderare, non possono da soli costituire valori sufficienti in prospettiva. La dispersione dell’abitare, la mancanza di un progetto intorno a valori condivisi o condivisibili delineato e gestito da una forte e coordinata capacità di governo del territorio -Regione-, la realizzazione di luoghi della cultura e delle relazioni che con forza attuale integrino ciò che la storia ci ha consegnato, la capacità di presenza e di proposta di personalità e istituzioni della cultura che riescano finalmente a saldare in una visione economia e crescita comunitaria. E’ una sfida che va raccolta.